Luigi Menarini e il sogno realizzato dell’asilo a Budrio

21 febbraio, 2016

La Scuola Materna e il Palazzo Comunale di Budrio raccontano la storia di Luigi Menarini, un budriese sempre pronto a mettersi a disposizione della propria comunità. La donazione della sua Villa – oggi sede dell’Asilo intitolato alla figlia Argentina Menarini – e le opere gratuite di restauro della Torre della Guardia e del Palazzo Comunale sono soltanto alcuni dei frangenti in cui l’ingegner Luigi ha manifestato la propria generosità. L’arruolamento volontario nel Battaglione Idice (1848), l’impegno come Presidente della Partecipanza e come Consigliere Comunale arricchiscono il racconto della vita di Menarini, attento alla storia e strenuo difensore del ruolo fondamentale della cultura.

L’ASILO, OGGI SCUOLA MATERNA COMUNALE
La nascita dell’Asilo di Budrio è legata al nome di Luigi Menarini. L’ingegnere, ormai più che sessantenne, comprende che la creazione di un Asilo non è più rimandabile. La sensibilità verso i problemi delle classi sociali più disagiate, porta Menarini a porsi numerosi problemi, tra cui quello di una scuola per l’infanzia. Accade spesso che entrambi i genitori siano costretti a lavorare per provvedere al sostentamento dei figli. La prole, in tenerissima età, viene quindi abbandonata a se stessa, creando un grande stato di agitazione tra i coniugi e soprattutto mettendo a repentaglio la sicurezza dei bambini.
Alla fine del 1891 Luigi riesce a dare slancio all’idea di un Asilo Infantile per i figli degli operai. Il budriese si impegna giorno e notte per ottenere tutti i permessi necessari e, come sempre, in maniera gratuita progetta la ristrutturazione di un edificio di proprietà del Conservatorio Bianchi (facente parte dei beni dell’Opera Pia Bianchi). Le risorse dell’Opera Pia sono amministrate dalla Congregazione di Carità, che avvia una stretta collaborazione con Menarini. Nel 1892 l’Asilo apre i battenti, dando vita alla splendida avventura ancora oggi in corso. Il primo consiglio di amministrazione è formato: dalla presidentessa Gismunda Redditi, moglie dell’ingegner Luigi, dalle ispettrici Imelde Migoli (vedova del Colonnello Luigi Cocchi), Clementina Ferretti (vedova di Enrico Menarini), Clementina Sarti Pedrazzi e Enrica Boari Testi (madre di Corinna); dal segretario Cesare Zucchini; dal contabile Luigi Menarini; dal cassiere Federico Majani e dal provveditore-economo Gaetano Federici.
La direzione dell’Asilo viene affidata a Corinna Testi, che si distingue per la modernità dei sistemi educativi adottati. Corinna riesce ad incidere sulla formazione dei piccoli scolari fin da subito, rendendo molto più semplice l’apprendimento degli anni successivi. La direttrice crea una piccola Accademia di recitazione, che diventa il fulcro dell’insegnamento. Poter imparare attraverso un’attività divertente facilita l’apprendimento. Nel 1893 i bambini dell’Asilo si esibiscono in un saggio di recitazione e canto, che stupisce i budriesi. L’Accademia prosegue il proprio operato sotto l’attenta supervisione di Corinna Testi. Nell’ottobre 1897 i bambini portano in scena, al prestigioso Teatro Consorziale di Budrio, l’operetta Gino e Mimì, composta da Corinna e musicata da Luigi Salina. Il successo è davvero sorprendete, tanto da commuovere anche Menarini, sempre più convinto dell’importanza della nascita dell’Asilo.
Nel 1898 l’ingegnere muore, lasciando tutte le sue proprietà – di cui la moglie Gismunda Redditi rimarrà usufruttuaria fino alla morte – all’Asilo. Il patrimonio, come richiesto da Luigi, viene amministrato dalla Congregazione di Carità. Nel testamento compare anche una parte dedicata all’utilizzo della Villa Menarini (oggi in via Benni n. 56) come futura sede dell’Asilo, che dovrà essere intitolato ad Argentina (Menarini): unica figlia, purtroppo prematuramente scomparsa, di Luigi. Alla morte della consorte, avvenuta nel 1913, la residenza di via Benni – luogo di soggiorno per Giosuè Carducci, Enrico Panzacchi e molti altri uomini illustri dell’Ottocento bolognese – diventa la sede dell’Asilo, ulteriormente arricchita grazie alle donazioni di Gismunda Redditi e di Costanza Menarini (sorella di Luigi). Da quel momento la Villa continua ad essere sede dell’Asilo, oggi Scuola Materna Comunale “Argentina Menarini”.

LA TORRE DELLA GUARDIA
Nel 1870 la Partecipanza di Budrio dona al Comune la Torre della Guardia, che dal 1300 si eleva al di sopra delle mura e dei torrioni. La Torre, nota come la più importante fortificazione budriese, è arricchita (nel 1453) da un camminamento e da una guardiola per intensificare l’attività di vigilanza, fondamentale per avvistare con anticipo l’eventuale arrivo di nemici.
Il 27 agosto 1870 il Consorzio dei Partecipanti provvede alla donazione e in breve comincia a diffondersi l’idea di restaurarla, mutandone la fisionomia. La volontà di rinnovamento (a volte discutibile) è dominante in quel periodo e – dopo l’abbattimento (nel 1863) del Palazzo della Ragione o Palazzo del Monte di Pietà, collocato nell’attuale piazza Filopanti – coinvolge anche la Torre della Guardia. Il restauro è affidato all’ingegner Luigi Menarini che, a titolo gratuito, progetta e supervisione l’opera. La cima della Torre viene abbassata, la guardiola è sostituita dal castelletto delle campane e sulla facciata compare l’orologio, prima presente sulla Torre del Pubblico (o Torre della Comunità) – dove ancora oggi si può notare il quadrante privo di orologio – annessa alla Chiesa di San Lorenzo.
I lavori terminano nel 1871, quando alcuni budriesi inviano a Giosuè Carducci una fotografia della Torre, chiedendo al grande poeta di scrivere il testo dell’epigrafe commemorativa. Carducci accetta e rende eterno l’impegno di Luigi Menarini con queste parole (presenti nella lapide posta sopra all’arco del voltone del Palazzo Comunale):

«[parte sinistra] ERA DEL CONSORZIO DEI / PARTECIPANTI E FU DONATA / CON OGNI SUA SPETTANZA / AL COMUNE DI BUDRIO / ANNO MDCCCLXX; [parte destra] IL COMUNE V’AGGIUNSE L’OROLOGIO / LA RINNOVÒ DI FORMA / CON DISEGNO E COLL’OPERA GRATUITA / DI MENARINI LUIGI INGEGNERE / ANNO MDCCCLXXI».

IL PALAZZO COMUNALE
Trascorrono circa una decina di anni e ritroviamo Luigi Menarini nuovamente impegnato in un’opera, che sarà destinata a mutare i connotati architettonici budriesi. La ristrutturazione dell’edificio che ospiterà il Palazzo Comunale è ancora una volta frutto della professionalità e della generosità dell’ingegner Menarini. L’edificio sorto presso la Torre della Guardia ha una storia che comincia nel XV secolo. Inizialmente il Palazzo è di proprietà dei Manzoli, poi dei Benni e nel 1678 diventa la sede del Convento delle Suore Servite, che lo acquistano proprio nello stesso anno. Il periodo napoleonico porta con sé la soppressione degli ordini religiosi e, anche nel caso del convento, questo viene acquisito dalla Congregazione di Carità, che ne manterrà la proprietà fino all’acquisto (nel 1877) da parte del Comune. Fino al 15 giugno 1879 il futuro Palazzo Comunale continua ad essere abitato dalle Suore Servite, che si trasferiscono negli edifici di via Bianchi.
Nella primavera del 1880 iniziano i lavori di restauro, basati sul progetto eseguito da Luigi Menarini, che sceglie lo stile neogotico già presente nella struttura della Torre adiacente. La facciata subisce l’abbassamento di un piano e viene cinta da merli ghibellini. Della struttura originaria sono mantenute le cornici di alcune finestre del primo piano e due piatti con funzione ornamentale. Nel corso della distruzione dell’ultimo piano emergono dei piatti di ceramica molto raffinati: purtroppo soltanto due possono essere recuperati e valorizzati nella nuova veste architettonica. I piatti compromessi sono affidati ai ceramisti faentini, che ne eseguono delle copie: collocate nella parte superiore della facciata. Il volto del Palazzo è arricchito (nella facciata) dalla presenza delle lapidi – fino al 1863 poste sul Palazzo della Ragione – recuperate durante i restauri della Torre della Guardia. L’interno del Palazzo Comunale è riprogettato per accogliere gli uffici, mentre la Sala Consigliare lascia spazio a tutta la creatività artistica dell’architetto Alfonso Rubbiani.
L’inaugurazione della nuova sede del massimo esponente del potere civile – fino al 1859 presente (nelle vesti del Governatore Politico) all’interno del Palazzo della Ragione e dal 1860 situato nel Palazzo della Partecipanza (attuale via Garibaldi) – avviene il 21 agosto 1881: Quirico Filopanti, Ferdinando Berti ed Enrico Panzacchi tengono della accorate orazioni, in cui non mancano certo lusinghieri apprezzamenti per l’operato, come sempre gratuito, dell’ingegner Menarini.

L’UOMO OLTRE LE OPERE
Luigi nasce a Budrio nel 1830 e dimostra immediatamente la sua volontà di impegnarsi per il prossimo. Accanto allo studio, che culminerà con la Laurea in Ingegneria, si impone l’ardore rivolto a tematiche sociali. Menarini si arruola (1848) come volontario nel Battaglione Idice, guidato dal budriese Colonnello Cocchi.
Luigi ricopre più volte il ruolo di Presidente della Società Liberale e della Società Operaia Budriese, dimostrandosi sempre attento alle necessità delle classi sociali meno fortunate. La presenza all’interno del Consiglio Comunale (tra le file della compagine Liberale) e della Partecipanza, di cui per lunghi periodi ricopre la carica di Presidente, pongono Menarini nella posizione di poter incidere sullo sviluppo culturale budriese. Le amicizie con Quirico Filopanti e con Giosuè Carducci confermano la costante attenzione rivolta alla storia, vissuta come campo di indagine fondamentale per poter amministrare in maniera assennata la propria comunità. Nel 1878 Luigi è uno dei membri del Comitato per le onoranze ai martiri della Battaglia di Mentana (3 novembre 1867). L’inverno 1879-1880 è rigidissimo e causa una carestia difficile da superare. Menarini è il promotore dell’apertura di una sottoscrizione, a cui aderiranno 85 budriesi, per acquistare grandi quantità di fagioli, di riso, di farina, di granoturco e di lardo. La sensibilità verso le esigenze delle varie componenti della comunità budriese, non risparmia alcune accuse totalmente infondate, apparse in forma anonima su un quotidiano. Luigi non sente l’esigenza di rispondere, ma i suoi amici, collaboratori e colleghi – tra cui spiccano Pietro Nanni e Silvio Monari – decidono di scrivere una lettera, pubblicata pochi giorni dopo sullo stesso quotidiano.
La trasparenza delle azioni di Menarini si impone come inconfutabile e rende a dir poco squallidi gli attacchi di nemici codardi. Tra i pensieri espressi dagli amici emerge il reale volto di Luigi: un benefattore senza tempo.

Leonardo Arrighi

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