Elemosina a Budrio, la poverta’ ai tempi della crisi

18 novembre, 2013

Negli ultimi anni si è accentuato, nel nostro paese, un fenomeno legato alla povertà e alla mancanza di lavoro, che una volta si riscontrava solo nelle grandi città. Stiamo parlando di persone che mendicano davanti ai negozi chiedendo qualche spicciolo e che, alle volte, vi entrano alla ricerca di un contributo maggiore. I negozi che più attirano l’attenzione sono quelli di tipo alimentare, che richiamano un grande afflusso di consumatori. I negozi di vestiti o di scarpe, cartolerie e profumerie, comunque, non sono estranei al problema: anche questi sono coinvolti, in modalità diverse, da un fenomeno che si verifica soprattutto di mattina e in particolare il martedì – giorno del mercato – e il sabato, quando il centro si anima di famiglie e di cittadini.

Come descrivono alcuni dei commercianti intervistati, gli uomini provenienti dall’Africa Sub-sahariana, di età compresa normalmente tra i 25 e i 35 anni, arrivano il mattino presto, anche alle 7:00. Alcuni con carrelli per trasportare borsoni pieni di fazzoletti, calzini, accendini e statuette in legno; altri senza niente, al massimo un cappello o un biglietto da porgere ai passanti. Vi sono anche giovani, sia uomini che donne, di origine rom, che arrivano soprattutto il martedì, giorno di mercato, quando molta gente, in particolare pensionati e donne, si recano alle bancarelle di fiducia per fare la spesa .

“Sono troppi” – afferma il proprietario di una pizzeria d’asporto – “la situazione per chi lavora è diventata pesante e non si può continuare così. Alcuni, poi, sono molto insistenti e sono costretto a farli uscire dal negozio”. Ammette, come molti altri, che queste persone non si comportano tutte allo stesso modo: a detta di molti negozianti, i ragazzi africani avrebbero modi più gentili, anche se tentano sempre di vendere qualcosa, mentre le persone rom hanno modi meno educati che spingono, la maggior parte, ad allontanarli. “Io spesso ho offerto loro un pezzo di pizza, o altro da mangiare, ma hanno sempre rifiutato: vogliono i soldi. Per questo motivo penso che bisognerebbe fare qualcosa. Anche durante il mercato, le strade e la piazza sono piene di mendicanti … però le forze dell’ordine che girano per il paese non fanno nulla per limitare questa situazione. Perché?” Secondo il proprietario della pizzeria d’asporto e altri commercianti, le persone di etnia rom che raggiungono Budrio non provengono dal campo nomadi della Riccardina, dove sono quasi tutti giostrai e non vivono in completa povertà. Altri negozianti sono decisamente meno tolleranti: “Davanti al mio negozio non devono starci! Se si piazzano nei paraggi li faccio andare via. Anche se non hanno mai creato problemi seri, sono spesso troppo insistenti, soprattutto con le persone anziane che si spaventano facilmente”.

Come confermato da tutti i commercianti del centro, la situazione si è mantenuta finora sempre sotto controllo, ad eccezione di alcuni casi spiacevoli in cui gli esercenti sono stati costretti a mettere da parte la pazienza e a far uscire i “mendicanti” dal proprio esercizio.
Tuttavia l’ondata di furti e rapine verificatasi l’estate scorsa in paese, quando molti negozi sono stati danneggiati o derubati in pieno giorno, mantiene ancora tutti all’erta. “Non possiamo passare le giornate con l’ansia che entrino a chiederci dei soldi – dice una commessa – il problema è che io non posso dare un euro a tutti. Quando posso aiuto chi ha più bisogno per conto mio, ma mentre sto lavorando non posso trovarmi nella situazione in cui queste persone entrano e disturbano i miei clienti”. Lei, per esempio, ha regalato diverse paia di scarpe ai ragazzi africani che sostano di fronte alla Coop. “L’ho fatto con piacere – continua – ma se qualcuno di loro entra qui e si comporta male, cosa devo fare? La crisi c’è per tutti quanti, specie in paesi piccoli come Budrio. Ma le tasse le devo pagare comunque, e in momenti come questi è normale pensare prima di tutto a se stessi e a come sopravvivere”. Non è l’unica a provare amarezza per questa situazione ormai prolungata di crisi economica, ammettendo di sentirsi in colpa per non poter fare di più. “Io credo che il sorgere di questo problema sia prima di tutto responsabilità dello Stato – dice – non di chi fa l’elemosina”.

La maggior parte dei negozianti di Budrio è consapevole del fatto che molte di queste persone scappano da guerre e da povertà estrema e che per loro è preferibile fare l’elemosina piuttosto che rimanere nel proprio paese. Si lamentano però di come lo Stato e le amministrazioni abbandonino queste persone, “parcheggiandole” in Italia con sussidi e benefici che non sono sufficienti e che in molti dei casi non migliorano la loro situazione. La mancanza di integrazione e di un efficace supporto nella ricerca del lavoro, al contrario, favorisce che chi è privo di alternativa cada nella rete della criminalità o chieda la carità. Secondo alcuni, inoltre, l’usufrutto di benefici, negati invece a cittadini italiani in condizione di indigenza, aumenterebbe l’insofferenza verso queste persone e la sensazione che vi sia, oltre ad una certa ingiustizia nella distribuzione delle risorse tra poveri, anche una sostanziale volontà della politica di arginare il problema in emergenza, senza volerlo risolvere veramente.

Su questo fenomeno abbiamo incontrato anche i gestori della macelleria di tradizione islamica che fornisce la comunità marocchina, musulmani e italiani che vivono a Budrio. Ci raccontano di come, per esempio, alcune di queste persone che saltuariamente si recano a Budrio per cercare di ottenere un po’ di denaro si siano presentate in negozio cercando di truffarli. “Una di queste persone – ci raccontano – è entrato in negozio millantando un credito residuo. Ma noi non l’avevamo mai visto!”. E continuano: “Vedere qualcuno che ci prova a fregare dà molto fastidio, questo non è rispetto per chi lavora duro”.

Altri gestori si sono abituati all’idea di vedere persone sconosciute girare per il paese in cerca di qualcosa da mangiare o di un po’ di denaro e non credono che la situazione sia pericolosa, come una delle dipendenti del Bar Filopanti: “In centro a Bologna chiunque conosce già il fenomeno da tempo e non si è mai scandalizzato”. Anche al panificio Conti si cerca di reagire nella maniera più solidale possibile: “Qui dentro un pezzo di pane non si nega a nessuno. Chi siamo noi per giudicare chi ne ha diritto e chi no?” – dice la proprietaria. “Dipende tutto da come uno si comporta – continua – quando varca quella porta. Io penso che, al di là della nazionalità e della condizione sociale, alla base di un rapporto tra due persone vi sia l’educazione. Se qualcuno entra e cortesemente mi chiede qualcosa da mangiare, io cerco di dare il mio piccolo contributo.” La proprietaria, inoltre, non è d’accordo con chi afferma che i rom non accettino offerte in cibo ma solo in denaro: nel suo negozio, infatti, sono sempre di più quelli che prendono pane o latte senza farselo ripetere due volte. Per un panificio non si tratta di una grossa spesa, considerando come spesso alla chiusura alcuni pezzi di pane rimangano invenduti. “Preferiamo aiutare così – ci dice – piuttosto che commuoverci per le immagini diffuse in televisione e voltare poi le spalle a chi ci chiede una mano in prima persona. In questo modo ho anche la possibilità di vedere a chi vanno davvero i miei sforzi”. Per esempio a un ragazzo africano, che entrava spesso nel panificio ricevendo la generosità della sua proprietaria, ed è riuscito dopo moltissimi sacrifici ad ottenere un lavoro presso un’azienda di Udine.

Non tutti ce la fanno: Joe e Henry, due degli africani che sostano davanti alla Coop, sono in Italia da diversi anni ma non hanno ancora trovato lavoro. Sono nigeriani e nel loro paese facevano i saldatori, ma qua in Italia non riescono ad ottenere l’asilo politico e aspettano ancora una buona notizia dai loro avvocati. Abitano a Mezzolara, dove l’assenza di supermercati e la scarsità di negozi spingono fino a Budrio dove riescono a racimolare qualche euro prima di tornare a casa con l’ultimo treno.

Una situazione del genere, anche se marginale, non può essere sostenuta dai commercianti che si trovano spesso spiazzati di fronte a certe richieste e che non sempre riescono a dare un contributo a chi glielo chiede. La mancanza di una linea chiara per un progetto di solidarietà e accoglienza comune rischia di vanificare gli sforzi dei più generosi, inasprendo anche la loro benevolenza e creando un vero e proprio punto di rottura tra italiani, ritenuti vessati ingiustamente dallo Stato e “discriminati al contrario” nelle difficoltà della crisi economica, e stranieri, visti come approfittatori di servizi che non ripagano poi con sacrifici, tasse e lavoro.
A Budrio si sta già facendo molto per arginare le derive della crisi economica: attraverso il Tavolo della Sussidiarietà, con servizi come i punti di ascolto Caritas e lo sportello migranti, la lotta alla povertà è uno degli obiettivi principali. Vi è la possibilità di coinvolgere maggiormente i commercianti e l’intera popolazione sui servizi messi a disposizione per favorire una risposta più ampia a questo fenomeno, incentivando la solidarietà ma nello stesso tempo assicurando un aiuto concreto anche per queste persone?

Petra Crociati

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13 Commenti


  1. direi che la situazione è pesante anche x il cliente, sono invadenti e troppipo sono anche avanti alle banche con tutti i furti che si sono verificati a vedrana budrio e maddalena in questi giorni

  2. Complimenti Petra, mi sembra un’ottima analisi.

  3. Per me neanche un po’…mette sullo stesso piano il discorso extracomunitari con la crisi che c’è in occidente(e in Italia nello specifico)…avrei capito se il discorso fosse agganciato a episodi di richiesta di elemosina fatti da italiani…ma che extracomunitari chiedano soldi(o cibo)non mi pare una novità e sopratutto non legata al discorso crisi economica(italiana)

  4. Lucio, sono d’accordo.
    Tieni conto che si tratta di un articolo che vuole descrivere una situazione di disagio locale e non un’analisi macroeconomica; ed in questa ottica direi che è ineccepibile.

    Mia opinione, ovvio.

    Buona giornata!

  5. Caro Lucio, non condivido il fatto che la crisi in occidente non sia indirettamente causa anche di questo fenomeno. Se c’è crisi diminuisce l’opportunità di lavoro (anche in nero) per gli extracomunitari, come per gli italiani, e di conseguenza cresce il numero di coloro che, versando in condizioni di forti difficoltà, arrivano al gesto estremo di chiedere l’elemosina. Inoltre i continui tagli al pubblico riducono sempre di più le possibilità di sostegno agli indigenti e anche questa è un’altra conseguenza della crisi. Infine è evidente come, se prima il grosso di questo fenomeno si trovava nelle grandi città, ora il bacino si stia allargando sempre più alla periferia perché, siccome la gente ha sempre meno da offrire, chi ha bisogno è portato a cercare nuove “strade”. È vero, Budrio non sono ancora presenti senzatetto italiani “visibili”, ma se continua così sarà solo questione di tempo.

  6. In zona excoop tutti (o quasi) i venerdì passa un signore di colore, non so da dove viene, a chiedere l’elemosina. Per un lungo periodo ho infilato le mani in tasca e ho dato quello che ne usciva poi ad un certo punto mi sono stancata. Cerco di essere comprensiva con queste situazioni e con questa persona ma non posso sentirmi obbligata all’obolo settimanale o alla discussione perché mi rifiuto. Capisco che un euro a me non cambia la vita ma la tassa settimanale non l’accetto. Questa crisi e tutte le conseguenze, purtroppo, mi sta rendendo cattiva.

    • sig.ra Marina sono d’ accordo con Lei; non deve diventare un’ obbligo, oh una abitudine tutti abbiamo figli da crescere e affitto e bollette da pagare, se ci mettiamo a dovere fare l’ elemosina a tutte le persone che la chiedono a noi non resta nulla.

  7. il problema dell’aumento delle persone che chiedono l’elemosina non è legato alla crisi, ma semplicemente che mentre una volta veniva fatto rispettare che era una cosa che non si poteva fare ora invece tutto è permesso.

  8. Crisi o non crisi, questa situazione non è accettabile, non perché non si vuol aiutare, ma a tutto c’è un limite.

    La crisi c’è, i cittadini la stanno pagando cara, lo Stato deve provvedere a queste situazioni, con tutte le tasse che paghiamo non possiamo vedere e subire queste problematiche.

    Oltretutto alcune di queste persone sono insistenti e a volte spaventano le persone come donne e anziani, sinceramente preferirei che si intervenga prima che accada qualche episodio spiacevole.

    Dare 1 euro o un tozzo di pane non aiuta queste persone, le rendiamo dipendenti da noi e le danneggiamo.

    Se non vogliono poi essere aiutati o lavorare per vivere ed essere indipendenti..

  9. Alcuni potrebbero essere adibiti a tanti utili lavori, come pulizia di parchi e giardini, consegne a domicilio a favore di anziani, compagnia per persone con handicap, forme di collaborazione nei supermercati, bar, negozi ecc., servizi per la cura di animali da compagnia (me ne vengono in mente tanti!), ma OGGI LE REGOLE SONO DIVENTATE UN OSTACOLO INSORMONTABILE. E non sono i privati cittadini a poter risolvere il problema. Così, però, si sta creando un clima di diffidenza e di ostilità fra poveri e impoveriti, di cui proprio non c’era bisogno. E pensare che Budrio, ricordiamocelo, ha dato sempre prova di grande senso di solidarietà: vedi come sono inseriti gli ospiti dell’ex-Istituto Villa Donini, ad esempio.
    Debbo peraltro aggiungere che, sì, il numero dei “mendicanti” sarà anche in aumento, ma io ne ho sempre visti! Tocca a noi proporre un piano di sostegno organizzato, che si dia il compito specifico di andare incontro alle persone in grave disagio e, certo, non con elemosine. Ci vorrà tempo, ma la cosa più importante è la volontà.I mezzi, si trovano. La crisi, a me pare, per alcuni è motivo di alti lamenti, per altri stimolo al FARE. Il bicchiere pieno fino all’orlo…non l’abbiamo mai avuto!

  10. Il bicchiere fino all’orlo forse non lo abbiamo veramente mai avuto ma cominciano a vederlo, e questo spaventa. Non so dire quanto la crisi possa influire sulla crescita delle elemosine. E’vero che ne abbiamo sempre visti anche se a Budrio magari meno che in città. La crisi, l’aumento delle tasse, l’aumento delle concorrenze sleali, i disoccupati/cassaintegrati/mobilitati/esodati, il fatto di sentirsi sostanzialmente impotenti ci (o per lo meno mi)rende meno tolleranti e attaccati alle nostre 4 finte certezze. Vero che con questa crisi qualcuno tenta di FARE ma molto spesso si trova a rimbalzare contro il mitico muro di gomma. Ci vuole tempo. Quanto ne abbiamo?

  11. Non conosco personalmente la titolare del panificio Conti, ma ho tirato un sospiro di sollievo e mi si è aperto il cuore a leggere il suo pensiero.

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