Famigliari Jamila: “Noi quei 15mila euro non li abbiamo ancora visti”

31 gennaio, 2014

E’ passato quasi un anno dall’omicidio di Jamila Assafa [foto], la donna marocchina che lo scorso 23 febbraio è stata accoltellata dal marito, proprio nella nostra Budrio. Da quel giorno i figli della donna aspettano ancora il contributo di solidarietà che la Fondazione per le vittime dei reati gli deve: 15mila euro che non sono mai arrivati.

RINNOVATA LA CONVENZIONE TRA LA FONDAZIONE E LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
E’ proprio di questi giorni la notizia del rinnovo della convenzione tra la Fondazione per le vittime dei reati e la Regione Emilia-Romagna. Nel 2013, viale Aldo Moro, ha stanziato 237.271 euro per aiutare 87 persone, con 34 interventi mirati. “E’ uno strumento eccellente per aiutare le persone e siamo molto grati al senatore Sergio Zavoli che svolge con passione e impegno il ruolo di presidente”, ha spiegato in un comunicato Simonetta Saliera, vicepresidente della Regione. Con l’attività dell’ultimo anno “si conferma – dice Saliera – che la Regione è al fianco di chi subisce un torto e opera concretamente con risposte efficaci e tempestive”. Peccato che, i figli di Jamila, ancora aspettino il contributo che gli è dovuto.

LO ZIO DEI BIMBI: “I 15MILA EURO NON LI ABBIAMO ANCORA VISTI”
E’ Repubblica.it a riportare la voce di Hamid, zio materno dei due bimbi. “Sappiamo che si tratta di 15mila euro – spiega – ma non li abbiamo ancora avuti. Da quel che sappiamo, sono fermi al comune di San Lazzaro, per motivi che non conosciamo. I due fratellini, inzialmente lasciati ai familiari di lui, ora sono affidati a mia sorella, in una altra regione. Hanno bisogno di assistenza psicologica costante, richiedono quotidiane spese”. La Regione si è difesa con queste parole: “I soldi sono nella disponibilità dei servizi sociali, prima di consegnarli occorre l’autorizzazione del Tribunale per i minorenni. Sono i giudici minorili a dover dare l’ok”.

UN EVENTO CHE SCOSSE IL PAESE
Era domenica 24 febbraio quando venne diffusa la notizia dell’omicidio della donna. Il paese, che quel giorno si recava alle urne per eleggere il nuovo parlamento, fu sconvolto dall’evento. La notizia ebbe subito risonanza nazionale, a causa delle modalità con le quali l’uomo aveva infierito sul corpo di Jamila. Il crimine era stato commesso la sera prima, intorno alle 21:30, davanti ai due figli piccoli, di quattro e due anni, prima che l’autore del gesto si costituisse alla stazione dei carabinieri.

“Litigavano spesso – aveva raccontato una vicina di casa della coppia a Budrio Next – e più volte la donna aveva chiamato i Carabinieri. Le autorità conoscevano la delicata situazione e la famiglia era seguita dai servizi sociali del Comune di Budrio, che la accompagnavano a fare la spesa. Era facile sentirli litigare, le urla si sentivano chiaramente e molto spesso le discussioni si chiudevano con Jamila che usciva di casa portandosi dietro i figli, oppure veniva a sfogarsi in casa mia. Mi diceva: “Lo senti mio marito? Lo senti? Tu la lingua non la conosci ma queste sono volgarità”. E ancora: “Voleva andarsene, voleva tornare dalla madre in Marocco, ma non riusciva a fare il passaporto per partire. Era una donna tranquilla, una buona madre per i figli, considerata dal marito come una proprietà e costretta a essere maltrattata per banalità”. La sera stessa i budriesi avevano dimostrato la loro solidarietà con una fiaccolata nel centro storico del paese.

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