Stefano Chiodi è stato un grande calciatore: attaccante simbolo del Bologna e uomo decisivo nella conquista del decimo scudetto da parte del Milan. I risultati sportivi ottenuti sono indiscutibili, ma ciò che fa di Stefano un autentico campione sono le qualità che sfuggono agli almanacchi.
Tra queste spiccano: la forza di saper controbattere agli sgambetti della cattiva sorte, sempre pronto a far leva su un inossidabile ottimismo; il senso di responsabilità provato nei confronti delle persone, in particolare i ragazzi, che vedevano in lui un modello da seguire; la capacità di difendere la purezza della propria passione attraverso la rinuncia a qualsiasi tipo di compromesso; la generosità e l’altruismo in campo e nella vita quotidiana. Tali attributi si possono istantaneamente cogliere osservando i gol di Stefano, ogni volta traspare l’intenzione di offrire agli spettatori qualcosa di speciale e la gioia espressa dopo la marcatura è un inno immortale alla condivisione di un momento felice ed ispirato.
I PRIMI CALCI AL PALLONE
Stefano Chiodi nasce a Bentivoglio il 26 dicembre 1956. La famiglia, composta anche da un fratello ed una sorella, vive a Funo. Sin da bambino, Stefano mostra una notevole predisposizione per lo sport: le prime partitelle con gli amici e le gare di atletica coinvolgono il futuro campione d’Italia, che alla domenica comincia a frequentare lo stadio di Bologna. Gli zii, grandi tifosi dei rossoblu, accompagnano il nipote e lo contagiano con la loro passione. Chiodi resta colpito da Helmut Haller e Giacomo Bulgarelli, che diventano immediatamente i suoi miti. Le emozioni vissute sugli spalti del Renato Dall’Ara vengono tradotte in progressi sul terreno di gioco da parte del ragazzino di Funo, che fa già parte di una piccola squadra di Corticella. I chilometri percorsi, in sella ad una bicicletta, per raggiungere il campo, il confronto con la fatica prodotta dagli allenamenti sono degli stimoli per Stefano, che forgia in questi anni il suo spirito tenace e disposto al miglioramento. La volontà di progredire come calciatore è da subito fondamentale per il giovane Chiodi, molto maturo per la propria età. Prima di compiere quindici anni, il ragazzo esordisce in promozione nel Castelmaggiore e dopo una stagione si ritrova conteso tra Torino e Bologna. I granata sono in anticipo sugli emiliani, ma il padre – inizialmente titubante a proposito del futuro sportivo del figlio – decide di non firmare il documento di autorizzazione per andare a Torino, preferendo i rossoblu. Chiodi entra a far parte delle giovanili del Bologna dove conosce altri coetanei promettenti: Paris, Pecci, Colomba e Ferrara. Con la squadra primavera, il giovane di Funo partecipa al Torneo di Viareggio, in cui si distingue, centrando una inattesa finale persa di misura contro la Fiorentina di Antognoni.
L’ESORDIO IN SERIE A
Nel 1974 il Bologna promuove Stefano nella formazione maggiore, decidendo però di mandarlo per un anno in serie C1 al Teramo: Chiodi comprende l’importanza di quei mesi e sa che sarà sorvegliato dalla dirigenza rossoblu. Il risultato è esaltante: l’esordiente realizza otto reti in ventinove partite e trascina il Teramo fino al secondo posto. L’entusiasmo dei tifosi è incontenibile e la memoria di quell’annata appare ancora viva nella città umbra, che a distanza di parecchi anni lo ha premiato per aver messo a segno il gol più bello della storia dello Stadio Comunale. Rinvigorito dalle conferme ottenute, Stefano diventa il centravanti titolare del Bologna. L’esordio in serie A, avvenuto il 19 ottobre 1975, è folgorante: Bologna-Milan, giocata in un fresco pomeriggio d’autunno, vede gli emiliani in svantaggio di una segnatura e prossimi alla sconfitta. Ad un quarto d’ora dalla fine però si scatena il giovane attaccante che, dopo un’azione travolgente in cui riesce a dribblare cinque avversari, tira un bolide imprendibile per Albertosi. Il pareggio conclusivo è accolto con grande gioia dalla curva rossoblu, che incorona Chiodi come suo nuovo beniamino. Nella trasferta di Napoli il diciannovenne stupisce tutti con una doppietta meravigliosa e al termine del campionato 1975-1976 i gol saranno otto. Nelle due stagioni successive, sempre con la maglia del Bologna, l’attaccante segna dieci marcature in campionato ed una in Coppa Italia. Il diploma come perito professionale ed il servizio militare distolgono Stefano dagli impegni agonistici, ma il calciatore – convocato nella nazionale under-21 nel 1977 e capace di collezionare tre presenze e due reti – riesce a confermarsi ad alti livelli, suscitando l’interesse del Milan che decide di acquistarlo per l’enorme cifra di un miliardo di lire più la vendita di Francesco Vincenzi.
LA VITTORIA DELLO SCUDETTO
L’arrivo a Milano, fortemente caldeggiato da Gianni Rivera, è un sogno che si avvera. Chiodi, poco incline a parlare di calcio al di fuori del rettangolo verde, fatica a contenere l’emozione. Niels Liedholm, leggendario allenatore del Milan, lo inserisce nella formazione titolare, assegnandogli un ruolo molto importante. Stefano sarà il centravanti di riferimento, che dovrà svolgere anche compiti imprescindibili per l’impostazione tattica voluta da Liedholm. L’allenatore svedese fa affidamento sullo spirito di sacrificio del nuovo arrivato, che sa farsi carico di un lavoro, spesso oscuro, decisivo per il successo di squadra: l’apertura di spazi per i compagni, a prezzo di duri colpi ricevuti, è una delle priorità per il bolognese, che mostra un altruismo impareggiabile. L’attaccante rossonero usufruisce di una serie di consigli speciali ricevuti da Nereo Rocco (suo vicino di casa a Milano), ben disposto verso quel ragazzo così simpatico e pieno di talento.
La stagione 1978-1979 è trionfale: il Milan conquista il decimo scudetto (quello della stella) e Chiodi si impone come un vero protagonista per i sette gol realizzati, per la freddezza sui calci di rigore e soprattutto per aver interpretato benissimo il suo ruolo. Il primo anno nel capoluogo lombardo è impreziosito da cinque presenze e due reti in Coppa Uefa e da due realizzazioni in Coppa Italia. La seconda stagione al Milan non risulta altrettanto fortunata per i rossoneri, che a fine campionato sono investiti dal ciclone del calcioscommesse e retrocessi in serie B. Stefano, autore di undici gol nel 1979-1980, viene ingiustamente squalificato per sei mesi e dopo poche settimane riceve la notizia della cessione alla Lazio, anch’essa spedita in serie B.
UN PERIODO SFORTUNATO
Il calciatore bolognese fatica a celare la tristezza per gli eventi che hanno colpito il calcio. Chiodi non è rammaricato soltanto per il suo infondato coinvolgimento, ma perché vede lo sport che ama irrimediabilmente privato della propria credibilità. Il pensiero che i tifosi non possano più fidarsi del loro sport preferito è insopportabile per un giocatore responsabile e consapevole come lui.
Dopo la stagione passata alla Lazio, nel 1981 arriva il desiderato ritorno al Bologna. Purtroppo il rientro in rossoblu è segnato da un grave infortunio patito in uno scontro di gioco durante una partita di campionato contro la Fiorentina: la conseguenza di un contrasto aereo con Ciccio Graziani è un forte colpo alla testa, che causa un giorno di coma a Stefano. La collisione si traduce in una serie di mesi di riposo forzato e riabilitazione per recuperare la completa funzionalità di una parte del corpo. Chiodi – cha abbandona la serie A con un bottino di trentatré gol – non si perde d’animo e con ottimismo e tenacia riesce a tornare in campo con la maglia della Lazio nella stagione 1982-1983. I problemi fisici dovuti all’infortunio dell’anno precedente non smettono di farsi sentire e, al termine del campionato, Chiodi lascia la squadra biancoceleste. Per due anni e mezzo il calciatore emiliano milita in serie C1 nel Prato, nel Campania e nel Rimini, poi nel 1986 passa al campionato interregionale prima al Pinerolo e poi al Baracca Lugo fino al 1988.
LA VITA OLTRE IL CALCIO
Conclusa la carriera agonistica, Stefano sceglie di continuare a vivere a Budrio dove si è trasferito dopo il matrimonio, avvenuto nel 1981, con Fausta Lambertini. Il budriese d’adozione è impegnato per tre anni come allenatore del settore giovanile del Bologna. Il rapporto con il calcio non viene mai meno, anche se l’attaccante preferisce frequentare i campi di periferia, in cui a volte indossa maglietta, pantaloncini e scarpe per riavvicinarsi alla sua grande passione. Chiodi, padre di Tommaso ed Irene, avvia alcune attività a Budrio e Prunaro: un hotel, un ristorante, una pizzeria ed un bar. I nuovi impegni lavorativi sono affrontati con la sua caratteristica positività e in breve tempo riesce a creare dei luoghi di aggregazione insostituibili. La sensibilità dell’ex attaccante si manifesta nell’organizzazione del Memorial Giuliano Fiorini, compagno di Chiodi nei primi anni trascorsi al Bologna e prematuramente deceduto nel 2005. Il trasporto emotivo con cui il campione d’Italia del 1978-1979 si impegna nella difesa della memoria dell’amico è una ulteriore riprova del valore di Stefano che, al termine di una lunga malattia, muore il 4 novembre 2009. Dal 2010 a Funo viene organizzato un Memorial in suo onore. A noi il compito di ricordarlo anche a Budrio dove il suo nome non potrà mai essere dimenticato.
Ringrazio Tommaso Chiodi, Fausta Lambertini, Fernando Pazzaglia ed Ezio Venturoli.
Leonardo Arrighi
Vorrei fargli lo stesso saluto scherzoso che gli facevo quando veniva a trovarmi… “Ciao Bell’uomo !”
Bellissimo ricordo di Stefano ed anche di un Bologna che non esiste più.
La stella che sfoggiamo sulla maglia la dobbiamo anche a te. Grazie campione!
Caro Stefano quanti bei ricordi qundo alla mattina venivi al Bar e scherzosamentte mi dicevi sei pronto andiamo a correre e io l asciavo fare i caffe a Elena e noi in mezzo hai campi a correre un grandissimo abbraccio Glauco Onofri
Era un ragazzo gentile, educato, semplice e sempre sorridente . Credo che molti siano orgogliosi di averlo conosciuto . Peccato che abbia vissuto una vita troppo breve .