Sono passati 130 anni dalla morte del Colonnello Luigi Cocchi, ma il valore assoluto delle sue azioni riveste oggi un’importanza centrale. Prendere atto della presenza, tra i nostri concittadini, di uno dei padri fondatori dell’unità nazionale è un orgoglio, che dovrebbe portarci a riflettere sul significato attribuito alla parola Italia.
L’IMPEGNO CIVILE COME MISSIONE
Luigi Cocchi nasce a Budrio il 21 agosto 1808 da Placido, podestà civile del Comune al tempo di Napoleone, e Maria Massarenti. La famiglia di Luigi è benestante, ma il padre presta molta attenzione all’educazione del figlio, che attraverso gli insegnamenti del genitore comincia in giovane età a riflettere sull’importanza dell’impegno civile.
Nel 1826 ritroviamo Cocchi all’Università di Bologna come studente. Il budriese ha i primi contatti con la carboneria e ben presto diventa uno dei punti di riferimento della società segreta. Luigi si dimostra un instancabile lettore di libri, giornali ed in particolare resta colpito dall’opera degli enciclopedisti del 1700. Le letture quotidiane aiutano il diciottenne a porre in prospettiva le proprie convinzioni, che lo portano ad un fermo rifiuto di tutti i governi dispotici ed assolutisti. Nel 1828 Cocchi conosce Canuti, Menotti, Fabrizi, i fratelli Ruffini e stringe amicizie profonde con i componenti di vari gruppi di carbonari romagnoli e marchigiani. Il nostro concittadino prosegue la sua missione, animando un comitato di giovani studenti ed artisti bolognesi, che hanno come obiettivo l’emancipazione dal potere temporale dello Stato Pontificio in vista del raggiungimento dell’unità nazionale.
Il 12 febbraio 1829 Luigi è in una abitazione di via Malcontenti a Bologna: durante la notte, nel bel mezzo di una riunione, le forze dell’ordine fanno irruzione e portano in carcere tutti i presenti. Cocchi viene liberato, ma a caro prezzo: il budriese è sottoposto a precetto di polizia ed espulso dall’Università. Gli ideali difesi da Luigi non vacillano, anzi il futuro eroe del Risorgimento li sostiene con vigore e senza lasciare spazio ad alcun dubbio.
I MOTI DEL 1831
Il giovane continua ad essere attivo all’interno della carboneria per tutto il 1830 ed osserva con molto interesse i moti rivoluzionari francesi. L’anno seguente la volontà di liberarsi dal giogo dei poteri oppressivi infiamma anche la nostra penisola: il 3 febbraio insorge Modena, il 4 è il momento di Piacenza e Reggio Emilia, il 5 Bologna e le varie città della Romagna dichiarano decaduta l’influenza del Papa. A questo punto il Pontefice Gregorio XVI, insieme ai Duchi di Modena e Parma, chiama in soccorso l’Austria. Per far fronte alle enormi forze austriache, a Bologna si forma anche la Legione Pallade, composta da un folto gruppo di studenti, artisti e ragazzi del popolo pieni di ardore. Cocchi è parte di questa legione e tenta in ogni modo di offrire il proprio contributo. Il 20 marzo Bologna viene occupata, il Generale Zucchi – a cui è affidato il governo provvisorio dalle truppe insorte – sceglie, motivato dai componenti della Legione Pallade, di contrattaccare. Lo scontro si consuma a Rimini tra il 24 e il 25 marzo: la battaglia è sanguinosa e causa numerose perdite tra i rivoluzionari. Il Papa recupera il suo potere e gli austriaci avviano una lunga serie di persecuzioni verso i patrioti. Luigi, come altri carbonari, è costretto a fuggire all’estero: dopo aver raggiunto Livorno si reca in Francia, poi in Inghilterra ed in Svizzera. La vita da esule rappresenta una vera sfida: soltanto il profondo affetto per l’Italia e l’amore per la madre – capace di proteggere il figlio a costo della propria vita – lo sostengono al cospetto dei frequenti imprevisti.
Nel 1832 Cocchi è a Marsiglia ed incontra Mazzini, Fabrizi, Modena, Ruffini e poco dopo è inserito nell’associazione politica la Giovine Italia, che aspira ad una nazione unitaria, indipendente e repubblicana.
IL RIENTRO IN ITALIA
Alle fine del 1833 Luigi torna a Budrio per assistere il padre malato. La polizia non si lascia sfuggire l’occasione e lo obbliga a risiedere nel paese natale e a presentarsi ogni due giorni alla gendarmeria. I corsi universitari gli sono ancora preclusi, ma il giovane trova negli studi di architettura e pittura prospettica, svolti all’Accademia di Belle Arti di Bologna, un ambito di ricerca appassionante. I riconoscimenti non si fanno attendere e culminano nell’assegnazione del Gran Premio Curlandese da parte della stessa Accademia. Cocchi segue anche le lezioni di agraria tenute dal professore Carlo Berti Pichat, con cui le affinità si estendono al campo politico e sociale. Nel 1839 il budriese sposa Imelda Migoli, appartenente ad una famiglia di patrioti bolognesi. Nel 1843, nonostante una consapevole contrarietà all’insurrezione, Cocchi partecipa ai tentativi di Savigno, che falliscono miseramente. La lucidità del nostro concittadino lo porta ad avere una visione chiara degli avvenimenti che lo circondano e a comprendere la complessità delle trame politiche dei vari Stati in cui è frazionata la penisola italiana.
Il 16 giugno 1846 sale al soglio pontificio Pio IX (conte Mastai Ferretti di Senigallia), che tenta di placare le proteste offendo una generale amnistia a favore di tutti i condannati politici dal 1831 in avanti. Luigi recupera così i suoi diritti civili, chiedendo di essere ammesso nelle pattuglie cittadine. Poco dopo Cocchi è nominato ufficiale della Guardia Civica di Bologna. L’attaccamento verso Budrio lo porta a rifiutare l’incarico. Luigi accetta prontamente il ruolo di Maggiore (in seconda) presso il Battaglione budriese. Il fiero sostenitore della creazione di uno stato unito istruisce i giovani del Battaglione, ispirandoli con i suoi sentimenti e la propria esperienza.
I MOTI DEL 1848
Nel mese di gennaio 1848 le Guardie Civiche di Budrio sono mobilitate. A febbraio Luigi Cocchi pubblica un appello alle armi rivolto anche ai Comuni di Medicina, Molinella, Minerbio, Baricella e Castel San Pietro. Dopo alcuni giorni si presentano 500 volontari arruolati e pronti a partire. La situazione diventa incandescente in tutta Italia. Cocchi raggiunge il Generale Giovanni Durando – comandante in capo delle truppe pontificie per la campagna nel Veneto – a Ferrara per offrire il proprio aiuto e quello delle quattro compagnie di Guardie Civiche mobilizzate e costituenti il Battaglione Idice. Durando accoglie con gioia la proposta e mette Luigi in contatto con Andrea Ferrari, comandante della divisione volontari accampata vicino a Padova. Ferrari nomina Cocchi Maggiore effettivo nel 3º Reggimento Volontari e gli ordina di portarsi in linea sul Po. Ad aprile Luigi parte senza attese e con lui il Battaglione Idice. Dal 29 aprile al 12 giugno il reggimento – composto anche dal 3º Reggimento Volontari Romani – agli ordini del comandante interinale Maggiore Cocchi presta servizio lungo l’Adige. Nel mese di giugno si verifica la caduta di Vicenza e il tradimento da parte del Papa. Luigi si porta verso Venezia e i Forti circostanti per difenderli dall’assedio austriaco. Il 25 giugno Cocchi è nominato Tenente Colonnello e gli viene affidato, dal Generale Guglielmo Pepe, il comando del 2º Battaglione del 3º Reggimento. Il Battaglione Idice (incorporato nel 3º Reggimento Volontari Mobilizzati) continua a prestare servizio a Venezia e ai Forti vicini dal 20 giugno alla fine di novembre, distinguendosi in due sortite dal Forte di Marghera il 9 luglio e il 12 agosto e in una terza del 27 ottobre. In quel giorno, al termine di una durissima battaglia, gli austriaci sono costretti alla fuga nonostante l’enorme spiegamento di forze. Alla fine di novembre il Generale Ferrari nomina Cocchi Giudice Permanente del Consiglio di Guerra. A Roma intanto il Papa fugge a Gaeta e si forma un governo provvisorio, che richiama dal Veneto le truppe di regolari e volontari per difendere Roma ed Ancona. Dal 1º dicembre Cocchi riassume il comando interinale del 3º Reggimento e si sposta a Senigallia in attesa di ordini. Austria, Francia, Spagna ed il Regno delle Due Sicilie si organizzano per ristabilire il governo pontificio. La situazione precipita ed il 3º Reggimento raggiunge Ancona il 20 dicembre 1848, partecipando in prima linea alla difesa della città. A marzo 1849 Cocchi è assunto al comando della piazza della città e ad aprile Felice Orsini assume il ruolo di Preside (Commissario straordinario della Repubblica Romana) di Ancona. La collaborazione con il budriese è efficace, ma purtroppo il 20 giugno la città è costretta a capitolare. In tutta Italia si assiste alla restaurazione degli antichi governi e allo scioglimento dei corpi volontari. Cocchi rifiuta l’offerta di una promozione ed un impiego nelle truppe regolari pontificie, dimostrando la propria integrità morale. Munito di un foglio di via ed in alta uniforme, Luigi torna a Budrio, dove a settembre è raggiunto da un mandato d’arresto dovuto alla sua esclusione dai benefici dell’amnistia papale a causa dell’incarico di comandante di corpo ricoperto tra il 1848 e il 1849. Cocchi è di nuovo costretto alla fuga e all’esilio in Corsica fino al 1851.
IL RITORNO DEFINITIVO A BUDRIO
Attraverso l’aiuto del cugino Giuresconsulto Avvocato Giambattista Cocchi, Luigi può rientrare in Italia dove è colpito dal precetto di polizia e relegazione a Budrio sino al 1859. Il Colonnello non smette di impegnarsi socialmente ed appare fiero del raggiungimento dell’unità nazionale avvenuta nel 1861. Dai primissimi anni sessanta il protagonista del Risorgimento svolge funzioni pubbliche in maniera gratuita e scrupolosa, ricoprendo anche l’incarico di Prosindaco di Budrio e di Presidente delle Congregazione di Carità.
Cocchi muore il 29 gennaio 1884 dopo una breve malattia. Il ricordo delle sue imprese è preservato da una strada a lui intitolata e dalla splendida lapide posta sotto la volta del Municipio e dettata dal Sindaco Ugo Lenzi.
Il Colonnello Cocchi e i componenti del Battaglione Idice hanno combattuto per un ideale chiamato Italia. Anche se attualmente le difficoltà che ci colpiscono sono numerose, abbiamo il dovere di non dimenticare cosa ha creato i presupposti della nascita della nostra nazione. La realtà, come sempre, si incarica di affievolire la purezza delle idee primordiali, ma ora tocca a noi ridare slancio alla quotidianità, consci del fatto che solo grazie a grandi sogni è possibile ricostruire un solido spirito nazionale.
Ringrazio Alberto Cocchi, Carla Gardenghi, Maurizio Montanari ed Ezio Venturoli.
Leonardo Arrighi
Complimenti a Leonardo Arrighi per aver portato alla luce il ricordo di un Budriese degno di eterna stima.E’ un peccato che la via a lui intitolata, sia da tempo particolarmente dimenticata in fatto di manutenzione e decoro, come meriterebbe alla stregua delle altre vie cittadine ( escludendo via Bissolati).
Gran bella pagina di storia, di grandi uomini, di ideali!
Ho letto con grande interesse e commozione la bella e precisa
biografia del mio bisnonno.
I contatti e l’ interagire, che tu evidenzi, con i grandi personaggi
che hanno fatto la storia e l’ Italia, le importanti mansioni di
comando che loro gli hanno affidato, danno l’ effettiva dimensione storica e morale di un Uomo, un patriota, un budriese, che così riemerge dall’ oblio.
Molto mi è piaciuto il tuo commento che conclude la biografia.
Grazie!!
Alberto Cocchi