Il budriese Guido Binassi ha vissuto in prima persona l’orrendo massacro di soldati italiani avvenuto a Cefalonia per mano tedesca. Dopo quella tragica esperienza, Binassi si è sempre sentito un reduce, riuscendo a trovare la forza per difendere la memoria dei commilitoni morti nell’isola greca e tentando in ogni modo di trasmettere alle nuove generazioni il rispetto per il passato.
LA VITA PRIMA DELLA GUERRA
Guido Binassi nasce a Cento di Budrio il 19 marzo 1917 da Vincenzo e Venusta Minghetti. Concluse le scuole elementari, Guido comincia a lavorare come fattorino apprendista del fabbro Luigi Bertuzzi. In poco tempo il ragazzo impara le tecniche per la lavorazione del ferro battuto. Gli interessi di Binassi si concentrano anche sulla meccanica, vera e propria passione che lo accompagnerà per tutta la vita. Grazie alle sue qualità, il giovane è assunto dall’azienda Righi di Bologna come meccanico fino al 1938, in cui è chiamato al servizio di leva obbligatorio. Dopo aver portato a termine il periodo militare in aeronautica, Binassi torna a casa, convinto di potersi dedicare all’attività lasciata più di un anno prima. Purtroppo la IIª Guerra Mondiale incombe e il ragazzo budriese comprende l’estrema gravità della situazione che si profila all’orizzonte. Subito dopo la dichiarazione di guerra, esplicitata da Benito Mussolini il 10 giugno 1940, Guido è richiamato alle armi e verso la fine dello stesso anno è arruolato nel 317º Reggimento della Divisione Acqui comandata dal Generale Antonio Gandin. Binassi, insieme ai commilitoni, approda nelle isole greche ed inizia un lungo periodo di logoramento.
CEFALONIA
Guido in Grecia svolge mansioni di autista di camion. Gli eventi precipitano dopo l’armistizio firmato dall’Italia con gli angloamericani l’8 settembre 1943. I nazisti impongono agli italiani di consegnare le armi, ma i nostri connazionali – dopo una votazione avvenuta all’interno di ogni singolo reparto – decidono di non rispettare l’ordine. I tedeschi accolgono la scelta come un’azione insopportabile. La vendetta nazista è feroce: migliaia di uomini sono catturati e fucilati. Nella serie di esecuzioni sommarie perdono la vita 4750 soldati e 341 ufficiali italiani. Guido riesce a nascondersi in un piccolo bosco di ulivi con alcuni compagni. I ragazzi vedono gli orrendi omicidi dei commilitoni e, ammutoliti da quelle immagini indelebili, attendono il loro momento. I tedeschi li scovano, obbligandoli ad uscire allo scoperto a mani alzate: quando Binassi è già pronto alla propria esecuzione, giunge l’ordine di uccidere soltanto gli ufficiali. Guido e gli altri superstiti vengono portati in un campo di reclusione, dove rimangono per otto giorni senza cibo. Il budriese tenta di uscire da quella drammatica condizione, offrendosi come meccanico: i nazisti accettano e gli affidano un camion malmesso, che è prontamente aggiustato dall’italiano. I tedeschi lo prendono al loro servizio, riservandogli un trattamento di favore. Binassi riesce ad avere una discreta quantità di viveri, che divide sempre con gli altri prigionieri. Alcuni mesi dopo (nel 1944), Guido approfitta della ritirata tedesca per fuggire con due amici: i tre soldati vengono accolti dai partigiani greci, che li aiutano ad imbarcarsi di nascosto su una nave diretta a Bari. Nella città pugliese Binassi inizia a lavorare per gli angloamericani. Fino al termine del conflitto il nostro concittadino resta alle dipendenze delle forze alleate e, dopo la Liberazione avvenuta il 25 aprile 1945, torna a casa. A Cento lo attende l’affetto dei parenti e degli amici, ma anche le cifre inimmaginabili del massacro di Cefalonia (4750 soldati e 341 ufficiali) a cui vanno aggiunti 1315 uomini morti durante i combattimenti e 3000 deceduti a bordo di due navi affondate da delle mine mentre si stavano dirigendo verso i campi di prigionia tedeschi.
DOPO CEFALONIA
Nel 1946 Guido sposa Laura Brighenti, conosciuta prima della tragica esperienza bellica, e dal loro matrimonio nasce la figlia Paola. Nel 1952 Binassi realizza un grande sogno: aprire un’officina di sua proprietà. La vita quotidiana lentamente migliora e il centese riesce a costruire la propria abitazione sopra il luogo di lavoro. In questo modo la distanza tra vita domestica e lavorativa si annulla, fondendosi in maniera armonica: per Guido l’attività meccanica è prima di tutto una passione inesauribile e fondamentale per poter dare sfogo ad una fantasia dinamica e ricettiva.
Il 24 maggio 1956 Binassi riceve la Croce al Merito di Guerra, ma il budriese non sente la necessità di riconoscimenti per portare avanti la sua missione, che consiste nella strenua difesa della memoria dei compagni morti a Cefalonia. Il reduce del nostro Comune si accorge rapidamente dello scarso rilievo assegnato al massacro a cui lui ha assistito.
Guido stringe rapporti con altri superstiti della Divisione Acqui e si impegna in prima persona perché vangano intitolate strade, piazze, parchi e lapidi ai caduti di Cefalonia. Binassi percorre tutta l’Italia per motivare le varie amministrazioni locali e, spesso accompagnato dalla famiglia, partecipa alle cerimonie di inaugurazione, che coinvolgono, nell’arco di alcuni decenni, l’intera penisola. Nel 1982 finalmente anche Budrio rende omaggio agli eroi di Cefalonia attraverso l’intitolazione di una strada e di una lapide posta sotto la volta del Palazzo Comunale ed il 29 giugno 1985 Guido riceve dallo Stato Italiano il Diploma d’Onore come Combattente per la Libertà 1943-1945.
NON POSSIAMO DIMENTICARE
«Io ripeto a tutti che non bisogna rimuovere i ricordi: da quei ragazzi morti a Cefalonia dobbiamo imparare il valore inestimabile della pace e della fratellanza tra i popoli». Queste parole, pronunciate da Binassi durante un’intervista del 2001, riassumono perfettamente il ruolo che dovrebbe rivestire il passato. Dimenticare gli avvenimenti che ci hanno preceduto significa oltraggiare la memoria delle persone che sono giunte all’estremo sacrificio, sperando di assicurare un mondo migliore alle future generazioni. Non fare tesoro degli esempi offerti dai nostri predecessori è sempre stato inammissibile per Guido, che il 1º marzo 2001 è tornato nell’isola di Cefalonia con i commilitoni superstiti e i loro famigliari. I reduci sono partiti da Roma con due aerei militari ed insieme al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi hanno onorato i connazionali caduti. Il Presidente, come già sostenuto in precedenza, ha ribadito che a Cefalonia si è verificato «il primo atto della Resistenza, di un’Italia libera dal fascismo», ponendo così nella giusta prospettiva il coraggio dimostrato dai soldati italiani in quella tragica circostanza.
Binassi ha saputo sopravvivere all’angoscia procuratagli dal ricordo dell’orrore bellico, rifugiandosi nelle innumerevoli passioni: il collezionismo di auto e moto d’epoca, i frequenti raduni a cui prendere parte con la figlia Paola, la costruzione di meravigliosi modelli in scala di macchine agricole, la lavorazione del ferro battuto, il mestiere di meccanico e la volontà di mettersi alla prova nella risoluzione di vari tipi di problemi hanno permesso a Guido – morto il 20 settembre 2002 – di trovare la forza per poter essere marito, padre e paladino della memoria delle vite spezzate di quei commilitoni, che ha rivisto costantemente durante le tormentate notti della sue esistenza.
Ringrazio Paola Binassi, Gianni Cavalieri, Fernando Pazzaglia ed Ezio Venturoli.
Leonardo Arrighi
Ringrazio sentitamente x il commovente articolo su mio padre
Bravo Leonardo, hai scritto cose meravigliose su un grande amico ed eccellente uomo che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere.
Mentre leggevo questo graditissimo articolo, mi è sembrato di sentire, come un leggera brezza primaverile, proprio il tipico odore della sua officina e la musica della sua radiolina sempre accesa.
Complimenti Signor Leonardo per aver curato con tanta
precisione , un bel ricordo del “Mitico” Guido.