Quando il 29 febbraio 1984 alle ore 13,45 gli abitanti di Mezzolara sentono il rumore di un aereo militare in avvicinamento non possono certo immaginare quanto sarebbe accaduto nell’arco di pochi interminabili istanti. La caduta del caccia F 104, pilotato dal sottotenente Domenico Ettore Proto, provoca una enorme fiammata ed uno spostamento d’aria violentissimo, un capannone è scoperchiato, una porcilaia semidistrutta e i rottami dell’aereo sparsi per centinaia di metri. Il cratere formatosi nel terreno ammutolisce le persone giunte sul luogo dell’incidente, che a trent’anni di distanza continua a lasciare con il fiato sospeso.
LA CRONACA
Poco prima della 13,40 del 29 febbraio 1984, il sottotenente Domenico Ettore Porto decolla dall’aeroporto militare di Villafranca (Verona) per intraprendere una missione di addestramento. In pochi minuti (ore 13,45) l’aereo è nei pressi di Mezzolara: le condizioni atmosferiche sono proibitive, la nebbia, al suolo e in quota, pregiudica la visibilità e il pilota, probabilmente soggetto al fenomeno definito disorientamento spaziale, perde il controllo dell’apparecchio e precipita a terra vicino a via Pianella n.46, a meno di 2 chilometri dalla piazza principale di Mezzolara. L’aereo si infila nel terreno, formando un cratere del diametro di 8-10 metri e della profondità di 3-4 metri. La terra, molle per la pioggia caduta senza tregua negli ultimi giorni, lascia affondare l’F 104. I rottami del caccia si spargono in un raggio di parecchie centinaia di metri. Per il pilota ventiseienne non c’è nulla da fare, purtroppo nemmeno il suo corpo verrà recuperato. Il terribile incidente non causa altri morti, anche se l’aereo, prima di toccare terra, sfiora tre edifici rurali e, a causa della fiammata e dello spostamento d’aria un capannone è scoperchiato e una porcilaia semidistrutta.
I TESTIMONI
Sotto una sottile ed incessante pioggia battente, Armando Cavazza, agricoltore e proprietario degli stabili danneggiati, esce di casa e prende coscienza di quanto accaduto. I famigliari del contadino di Mezzolara sono tutti sani e salvi, ma l’incredulità regna sovrana, come appare evidente dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dallo stesso Cavazza: «Ad un tratto abbiamo sentito il rumore di un aereo, poi uno scoppio, spaventoso. Ho pensato subito ad una bomba caduta vicino a noi. Sono uscito dalla casa e ho visto le fiamme che si stavano alzando attorno al deposito degli attrezzi». Enea Baldi, vicino di casa di Armando, conferma le impressioni dell’amico: «Ho sentito una specie di scoppio soffocato, poi subito dopo una grande fiammata. Sono andato di corsa verso la zona in cui stavano levando le fiamme. Assieme al mio vicino di casa abbiamo subito cercato di salvare i quattro maiali che erano nella porcilaia e che erano stati raggiunti dalle fiamme. Ci siamo riusciti. Gli animali erano un po’ bruciacchiati ma non era successo nulla di grave, nemmeno una zampa rotta». Tra i testimoni dell’incidente erano presenti anche Alfredo Caliceti e il figlio Mario, accorso immediatamente sul luogo dell’impatto: «Sono corso subito sul posto e quando ho visto il buco dell’esplosione non credevo che fosse stato provocato dall’aereo, ma da una bomba o da qualche altro oggetto caduto dal cielo».
IL PILOTA E LA MISSIONE
Domenico Ettore Proto era il pilota dell’aereo RF-104 G – appartenente alla 3ª Aerobrigata ricognitori tattici di Villafranca di Verona – schiantatosi a Mezzolara il 29 febbraio 1984. Il sottotenente ventiseienne, nato a Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza, si era formato alla Scuola di Volo di Amendola (Foggia) e nel mese di giugno del 1983 era stato assegnato al 28º gruppo di volo di Villafranca. Il giovane ufficiale aveva una moglie di nome Maria Toriano e viveva a pochi chilometri dall’aeroporto militare veneto.
Il reparto di Villafranca rivestiva un ruolo molto importante: fornire agli altri reparti dell’Aeronautica Militare, oltre che a Marina ed Esercito, fotografie e filmati di potenziali obiettivi militari. Le missioni di questo tipo hanno una grande difficoltà: il volo a bassa quota. Infatti lo STARFIGHTER pilotato dal sottotenente Proto volava ad una velocità di 750-800 km/h e ad una altezza da terra non superiore ai 150 metri. Il pilota è impegnato in un volo totalmente a vista e l’unico riscontro a cui può affidarsi è una mappa infilata nel cosciale. Quel giorno del 1984 le condizioni atmosferiche erano al limite della praticabilità. La fitta nebbia e la pioggia hanno quasi certamente rivestito un ruolo fondamentale nella dinamica dell’incidente. Domenico Ettore Proto il 29 febbraio 1984 avrebbe dovuto sorvolare parte della costa adriatica, risalendo fino a Palmanova del Friuli prima di atterrare all’aeroporto militare di Villafranca. Attraverso le tre fotocamere interne al caccia e alle cinque trasportate in un contenitore speciale, attaccato sotto la fusoliera, il sottotenente avrebbe girato anche riprese cinefotografiche di eventuali obiettivi sensibili in caso di qualche conflitto bellico.
PERCHÉ RICORDARE
Probabilmente la motivazione del terribile schianto è da attribuire all’errore del pilota. Domenico Ettore Proto merita comunque di essere ricordato perché il modo chirurgico con cui l’aereo ha evitato ogni abitazione non può essere attribuito soltanto al caso, oppure è confortante pensare a quel giovane sottotenente che, preso atto dell’impossibilità di riprendere quota, sceglie, anche in modo istintivo, di schivare qualsiasi edificio e di sacrificarsi, risparmiando così Mezzolara. Forse ci si illude, ma forse no. Allora perché non immaginare Domenico che, con spirito eroico, decide di non azionare il dispositivo di espulsione, ma di condurre il suo F 104 fino a terra. Chissà, le cose non saranno andate in questo modo, però, anche al cospetto di una disgrazia come quella avvenuta il 29 febbraio 1984, l’unica soluzione possibile coincide con la capacità di sognare qualcosa che forse è accaduto veramente.
Leonardo Arrighi