Palco Numero Cinque, il debutto sul grande schermo della band budriese

20 novembre, 2014

L’appuntamento di venerdì 21 al Teatro Consorziale di Budrio è da non perdere: verrà proiettato in anteprima e gratuitamente il film documentario Paese Mio di Riccardo Marchesini, cui seguirà la performance live del gruppo budriese protagonista, i Palco Numero Cinque, che suonerà brani dal nuovo disco Carta Straccia.
I cinque componenti della band alternative rock sono Massimo Piazzese, Federico Cacciari, Federico Pazi, Claudio Cassani e Manuel Dimba, e in occasione di questa serata abbiamo fatto due chiacchiere con il cantante, Massimo Piazzese.

PAESE MIO
Paese Mio è un film on the road che vede i membri del gruppo a zonzo in furgone per l’Emilia Romagna, attraverso i paesi natali di alcuni dei cantanti italiani più celebri, quali Zucchero, i Nomadi, Ligabue, Vasco e Orietta Berti. Un viaggio per indagarne gli esordi, cercando di capire perché la nostra regione sia così ricca di talenti e se “in questa terra la fama di un musicista è inversamente proporzionale alla grandezza del posto in cui è nato”, come recita il trailer.
I Palco Numero Cinque sono autori anche della colonna sonora del documentario, prodotto da Giostra Film, Regione Emilia Romagna e Meeting Etichette Indipendenti, per il quale sono stati selezionati tra un centinaio di band emiliano-romagnole.

CARTA STRACCIA
Si tratta di un periodo particolarmente intenso per i ragazzi che vedono concretizzarsi in questi giorni un altro importante progetto: il loro primo album, intitolato Carta Straccia, disponibile negli stores digitali e su CD ai concerti. Anche se sono noti più che altro per le cover, non hanno mai smesso di lavorare a pezzi originali, che finalmente vedono la luce dopo un EP di due anni fa, come ci racconta Massimo nell’intervista a seguire.

Com’è stata l’esperienza di “Paese Mio”?
Casualmente due ragazzi ci hanno avvisati di questo bando indetto da Riccardo Marchesini per Giostra Film, in cui si cercava una band che fosse dell’Emilia Romagna, prevalentemente formata da “campagnoli” tra i 20 e i 30, che cantassero in italiano e abituati a fare cover. Ci siamo iscritti senza troppe speranze perché sapevamo che successivamente all’invio di materiale ci sarebbero stati degli incontri, ma il nostro batterista era in Africa. Tuttavia dopo un paio di incontri con il regista e con i membri di Giostra Film siamo stati scelti. E da lì è partita una sfacchinata che per qualche mese ci ha tolto tutti i weekend e che era composta da giornate in cui facevi chilometri per una ripresa che durava 10 minuti. È stata un’esperienza da una parte molto divertente, ma dall’altra molto impegnativa. Il film non l’abbiamo ancora visto, il regista vuole farci la sorpresa alla prima e ci ha mostrato solo degli spezzoni. Lui ha uno sguardo critico ma anche curioso, è originale nel tipo di problemi che pone e credo il risultato sarà molto interessante.

C’è una tappa di questo viaggio che ti è piaciuta in particolare?
Mi hanno colpito per la bellezza Novellara e Correggio. La tappa che ci è rimasta di più, però, è quella di Cavriago, il paese di Orietta Berti, perché, visto che serviva un pretesto per andarci, il regista ci ha iscritto a un concorso nel quale band emergenti si sfidavano su brani propri o su cover. Ci hanno chiesto di fare una cover di Orietta Berti e noi abbiamo riarrangiato in maniera più carica “Tu sei quello”, che è venuta carina. All’inizio è stato divertente vedere il pubblico che si dava gomitatine “ma questi fanno Orietta Berti?”, ma poi li abbiamo stupiti. E tra l’altro tra gli spezzoni che abbiamo visto quello con Orietta Berti è particolarmente simpatico perché lei è molto autoironica e divertente.

A teatro alla proiezione seguirà un vostro concerto sui brani del nuovo album…
Sì, la prima volta in cui abbiamo suonato i nuovi brani è stata all’Arteria venerdì, ma questa sarà la prima volta con un’acustica ottimale. A teatro avremo il nostro impianto e l’aiuto dei due fonici che ci hanno registrato l’album. Siamo molto grati al Comune di Budrio per questa opportunità: per ragazzi cresciuti in queste zone suonare al Consorziale è proprio una grande soddisfazione.

Io vi conoscevo più che altro per le cover, mentre nell’album sono tutti brani vostri: c’è stata un’evoluzione?
Sì, siamo nati nel 2009 già con l’idea di fare cose nostre, ma un po’ ci si scontra col fatto che non essendo milionari e visti i costi dovevamo fare cassa, poi quando inizi ci vuole tempo per mettere giù i brani e soprattutto per avere una tempistica dello spettacolo che ti consenta di proporti per una serata. Per il bisogno di suonare allora è nata l’idea di fare un progetto di cover più ballabili, il più divertenti possibile, che venissero dalla nostra esperienza di musicisti d’ascolto. In parallelo abbiamo sempre composto, senza la fretta che ci potrebbe essere con delle scadenze, ci siamo presi il nostro tempo e abbiamo anche rivisitato i quattro brani di un EP di due anni fa, perché in questi anni abbiamo cercato di trovare una nostra atmosfera. Fare cover di diversi generi e doverle adattare l’una all’altra per una serata ci ha aiutato molto, secondo me, ad amalgamare l’ambient del disco.
L’album è stato realizzato completamente in contesti molto indipendenti: per esempio i due ragazzi che ci hanno fatto da fonici li avevamo conosciuti per caso a un concorso, sono due ottimi musicisti che vengono dal conservatorio e soprattutto due nerd “smanettoni” col computer e hanno fatto un ottimo lavoro. Per la grafica ci stavamo guardando attorno e per caso Manu, il batterista, si è rivolto ad un informatico che lavora con lui. Insieme al suo socio hanno capito subito l’idea che volevamo dare e hanno realizzato il collage della copertina in cui ci sono figure ricorrenti nei nostri testi, come gli aeroplanini di carta, un sole che viene alzato da una gru, una bambina sognante. Da lì è nata una bella collaborazione che ha portato anche alle magliette.

Come mai questo titolo, “Carta Straccia”?
L’abbiamo chiamato “Carta Straccia” perché viene da 5 anni di esperienze, esperienze che non volevamo andassero buttate, come quando una persona annota qualcosa sulla carta e poi la accartoccia e butta via. “Carta Straccia” anche per ridare importanza a quei supporti che si stanno perdendo, come il CD.

Ludovica Piazzi

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