Budrio e la grandinata del 2 giugno 1648

10 giugno, 2015

La storia di Budrio è ricca di moltissimi eventi. Alcuni di questi sono purtroppo drammatici. Se potessimo solcare il corso del tempo e tornare al pomeriggio del 2 giugno 1648 ci troveremmo coinvolti nella grandinata più devastante che Budrio abbia mai conosciuto. Le colture completamente compromesse, i campi ridotti ad una deprimente distesa di piante martoriate da due ore di grandine. La conseguenza fu una carestia, che causò la morte di tante persone. La possibilità di reperire risorse alimentari divenne un miraggio. Soltanto l’intervento di varie Comunità budriesi e la forza d’animo degli abitanti permisero la sopravvivenza di Budrio, che riuscì a superare questa tragedia con una dignità encomiabile.

QUEL GIORNO TREMENDO
Il 2 giugno 1648 si apre in maniera tranquilla. Gli ultimi giorni di maggio avevano già offerto una imprevista anticipazione d’estate. Le temperature erano alte e le colture, tra cui il frumento, crescevano rapidamente.
Il 2 giugno appare come una giornata priva di sussulti ed invece, nel primo pomeriggio, il cielo comincia ad incupirsi e nel breve volgere di un’ora la situazione precipita: attorno alle 16 cadono i primi chicchi di grandine, sempre più grandi e numerosi. I budriesi tentano di ripararsi dall’immane sciagura. La caduta di sassi ghiacciati cessa due ore dopo, lasciando dietro di sé uno scenario sconvolgente. I campi coltivati non esistono più, il grano è un lontano ricordo, i filari di vite scomparsi, la splendida canapa di Budrio massacrata dalla grandine. A questo punto si apre un periodo drammatico: la prima metà di giugno è il momento in cui le provviste dell’anno precedente sono ormai ridotte al minimo. Il tradizionale inizio dei raccolti del 1648, che avrebbe dovuto ricreare le condizioni per l’accumulo di risorse alimentari, è irrimediabilmente compromesso e gli abitanti di Budrio si trovano a dover fare i conti con una vera e propria carestia. Il frumento e il granoturco (introdotto da pochi anni) – commerciati soprattutto da chi ha alcune scorte residue – raggiungono prezzi altissimi. I braccianti, i coloni e i piccoli artigiani si alimentano con farina di meliga (sorgo) ed erbe, non ricevendo però l’apporto nutritivo necessario per sopravvivere. Molte persone muoiono di fame. Ad un certo punto sembra in pericolo la sopravvivenza stessa del paese. Grazie alle Comunità budriesi però il peggio è evitato: l’acquisto, a carissimo prezzo, di frumento, altri tipi di cereali e la produzione volontaria di pane, distribuito ai bisognosi ogni mattina, salvano la vita a tanti uomini e donne, permettendo così a Budrio di resistere ad uno dei momenti più difficili della sua storia.

L’ECONOMIA AGRICOLA A BUDRIO TRA 1500 E 1600
La grandinata del 2 giugno 1648 colpisce un paese che trae il proprio sostentamento dall’agricoltura. Tra la fine del ‘500 e il ‘600 la coltivazione della canapa rappresenta l’attività principale. A Budrio la canapa viene anche lavorata e commerciata, ricoprendo il ruolo di pilastro dell’economia. Il frumento, l’uva, le patate, i piselli, le carote e le melanzane sono le colture più diffuse e rivestono un ruolo insostituibile. Fuori dalle mura non mancano le zone riservate al pascolo per il bestiame.
La comunità budriese è composta da numerosi artigiani: falegnami, fabbri, ramai, stagnini, sarti, calzolai, muratori, manovali, capimastri, segantini, scalpellini, spaccapietre. Non mancano i venditori di generi alimentari e di panni, affiancati da: fornai, macellai, osti, stallieri, medici, speziali e notai. Le ricche famiglie di mercanti e di proprietari terrieri completano il quadro sociale. Budrio ha una popolazione eterogenea, ma legata indissolubilmente all’agricoltura. Per questo motivo la grandinata del 2 giugno 1648 risulta un tragedia di enormi proporzioni. La sciagura si concentra su Budrio, ma coinvolge anche le zone limitrofe, rendendo impossibile l’approvvigionamento di risorse alimentari dai paesi vicini, anch’essi gravemente menomati da quelle due ore di grandine.

Leonardo Arrighi

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