Budrio, quella vincita al lotto per ampliare la Chiesa di San Lorenzo

17 giugno, 2015

Tra il 1793 e il 1794 settanta budriesi si uniscono e per oltre un anno giocano regolarmente al lotto. Il 31 luglio 1794 il terno tanto sospirato esce sulla ruota di Roma e i vincitori possono così realizzare il loro sogno: impiegare la somma per il pagamento dei lavori in corso alla chiesa di San Lorenzo. Proprio così, quel gruppo di budriesi aveva iniziato a giocare per reperire le risorse economiche necessarie al completamento dei lavori commissionati all’architetto Giuseppe Tubertini. La fede e l’amore per Budrio hanno sostenuto quegli uomini, oggetto dei commenti irriguardosi da parte della cittadinanza, scandalizzata dalla modalità scelta per trovare i soldi.

I settanta budriesi non smisero mai di credere nella bontà delle loro intenzioni e dopo oltre un anno di investimenti (mezzo baiocco a testa) ottennero un risultato che cambiò la storia della chiesa di San Lorenzo. Nel 1796 l’opera progettata dal Tubertini fu realizzata completamente e in ricordo della vincita al lotto fu posta un’epigrafe, ancora oggi presente, all’entrata di San Lorenzo, per dimostrare immensa gratitudine a Dio, ma indirettamente anche allo spirito di Budrio, capace di alimentare la tenacia degli uomini impegnati in una vera impresa.

L’IDEA DI GIOCARE AL LOTTO
Nel 1793 all’interno della Comunità budriese, ed in particolare tra i parrocchiani, nasce l’idea di ampliare la cappella maggiore e creare il transetto della chiesa di San Lorenzo. L’iniziativa è interessante, ma molto costosa. Il progetto viene affidato all’architetto budriese Giuseppe Tubertini (1759-1831) e i lavori cominciano grazie a delle offerte da parte dei cittadini.
La consapevolezza di non poter giungere alla copertura totale delle spese guida settanta uomini verso la decisione di tentare la fortuna, giocando al lotto. Dal mese di luglio 1793 queste settanta persone investono mezzo baiocco a testa (per un totale di 35 baiocchi) su un terno. Passano i mesi e non mancano certo i commenti caustici di alcuni budriesi, che reputano dei poveri illusi quei settanta individui. La fiducia del piccolo gruppo non crolla ed anzi si rinforza con il trascorrere delle settimane. La convinzione di essere vicini all’obiettivo cresce costantemente, anche se la realtà sembra incitare alla rassegnazione.
Il 31 luglio 1794, dopo oltre un anno, il terno (13, 31, 64) esce sulla ruota di Roma. La vincita è enorme: 9000 lire (1800 scudi) in monete d’argento. L’entusiasmo si diffonde per le strade di Budrio. Ora l’opera del Tubertini appare realizzabile. I settanta budriesi, come promesso, donano la somma per finanziare i lavori in corso nella chiesa di San Lorenzo. Contagiati dalla splendida impresa – frutto della tenacia e dell’amore per il proprio paese, prima ancora della fortuna – un gruppo di ragazzi, durante il carnevale del 1796, decide di formare una piccola compagnia filodrammatica. Nei mesi successivi vengono messe in scena alcune commedie scritte da Domenico Inzaghi, coinvolto in prima persona. Le rappresentazioni ottengono un grande successo e permettono di raccogliere la quantità di danaro necessaria al completamento dei lavori, iniziati nel 1794, a cui sono aggiunte anche: la realizzazione dell’ornato del quadro Il martirio di San Lorenzo di Gaetano Gandolfi e la decorazione completa della cappella maggiore. Verso la fine del 1796 i budriesi possono ammirare il risultato del progetto di Giuseppe Tubertini. La Comunità sceglie di celebrare il percorso, che ha portato ad esaudire un vero e proprio sogno, attraverso un’epigrafe ancora oggi presente all’entrata (sulla destra) della chiesa di San Lorenzo. Il testo dell’iscrizione si sofferma soprattutto sulla vincita al lotto: «A Dio, ottimo massimo, per il cui singolare beneficio essendo stato trovato il denaro mediante il gioco, fu felicemente esaudito, l’anno 1796, l’ardente desiderio di ingrandire la cappella maggiore e rendere più bella la chiesa, con l’aiuto di entrambe le Comunità [Budrio Dentro e Budrio Fuori] e del popolo, sotto la guida di Giovanni Angelo Rabbi, dei Servi di Maria, emerito maestro e parroco devotissimo. A maggior gloria [di Dio]».

LA STORIA DELLA CHIESA DI SAN LORENZO
Il primo documento in cui si parla della chiesa di San Lorenzo è datato 1146. I contributi degli abitanti ne avevano reso possibile l’edificazione, assegnandone la proprietà alla Comunità budriese, incaricata della nomina del rettore. Al 1185 risale l’attestazione della presenza di una domus (casa con portico, in cui risiedeva il rettore) accanto alla chiesa.
Nei primi secoli San Lorenzo dipende direttamente dalla Parrocchia della Pieve per quanto riguarda l’organizzazione delle funzioni religiose. La struttura della chiesa posta nel centro di Budrio è ingrandita e trasformata in più occasioni fino al XIV secolo.
Nel 1406 il Consiglio Generale degli Uomini e degli Abitanti di Budrio affida la gestione di San Lorenzo (a causa della mancanza di un rettore) ai frati Servi di Maria, che ottengono l’approvazione dell’arciprete e dei canonici della Pieve. Dal 30 settembre dello stesso anno i frati assumono ufficialmente la guida della chiesa, che dal mese di giugno aveva ricevuto la concessione del fonte battesimale e della possibilità di dispensare il relativo sacramento. Appena insediatisi, i Servi di Maria avviano i lavori per la costruzione del loro convento, che sarà completato – con la costruzione del chiostro a doppio colonnato – nella seconda metà del 1400. All’inizio del 1600 la Comunità budriese si fa carico delle spese per il completamento della cupola della cappella maggiore. Un secolo dopo l’architetto, nato a Budrio, Alfonso Torreggiani (1682-1764) ripensa l’interno della chiesa di San Lorenzo, attribuendole i connotati sontuosamente barocchi che ancora oggi possiamo ammirare, e realizza il progetto del portico antistante l’edificio sacro.
Al termine del 1700 sarà il momento di Giuseppe Tubertini, che riuscirà a portare a termine la propria opera grazie alla provvidenziale vincita al lotto, conseguenza della tenacia di quei settanta budriesi così legati al loro paese.

Leonardo Arrighi

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1 commento


  1. Se mi dai i famosi numeri del lotto di allora me li gioco

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