L’8 giugno del 1855 Budrio inizia ad essere coinvolta dall’ultima grave epidemia della sua storia. Durante l’estate di 160 anni fa le vite dei budriesi vennero funestate dalla diffusione del colera. I morti furono numerosi e la quotidianità del Comune apparve totalmente sconvolta.
La memoria degli abitanti tornò ai drammatici racconti, tramandati da 225 anni: nel 1630 a farla da padrona fu la peste – narrata da Alessandro Manzoni – che segnò in maniera indelebile l’esistenza di Budrio, privata dei due terzi dei componenti della sua Comunità.
IL COLERA DEL 1855
L’8 giugno del 1855 a Budrio si verificano i primi casi di persone affette dal colera. Molte regioni italiane sono coinvolte dall’epidemia di “morbo asiatico” (colera), che raggiunge il massimo della propria diffusione tra luglio e settembre. Nel breve volgere di alcune settimane, le priorità dei budriesi mutano drasticamente: per le strade abbondano gli uomini impegnati nel trasporto di bare, la disperazione è palpabile, i pianti e le grida diventano una triste abitudine. Il Lazzaretto – posto lungo la via Rabuina, in prossimità del fiume Idice – viene affidato ad un medico e ad un prete, provenienti da Bologna. L’attività del luogo di cura è incessante e fondamentale per tentare di fornire speranza ai numerosi malati.
Il cimitero deve essere ampliato per accogliere la grande quantità di defunti: al termine dell’epidemia saranno 230. Per questo motivo il Comune provvede all’acquisto di un nuovo appezzamento di terra (detta di Sant’Ansano) accanto al camposanto già collocato nella sede attuale.
Le varie zone di Budrio sono equamente colpite dal colera. Una però fa eccezione: la contrada Toscanella Inferiore (via Bianchi e via Viazza) non è falcidiata dall’epidemia. Nessun abitante di via Binachi e di via Viazza contrae il morbo. In maniera inspiegabile la contrada resta immune. Tutte le sere, durante la drammatica estate del 1855, un maestro e dei ragazzi si ritrovano per pregare davanti all’immagine della Madonna, collocata su un pilastrino (poi di proprietà della famiglia Gnudi). Il 16 settembre gli abitanti della Toscanella Inferiore si radunano nella chiesina Verati (ora abitazione presente nel palazzo Bergonzoni Cattoli) per celebrare lo scampato pericolo, che significa la fine dell’epidemia.
Budrio attende ancora qualche settimana: il 4 ottobre tutti i budriesi si raccolgono nella chiesa di Santa Maria del Borgo ed inginocchiati di fronte al SS. Crocifisso pronunciano lunghe orazioni e continui ringraziamenti per la definitiva liberazione dal colera.
Qualche mese dopo, le donne e uomini residenti in via Bianchi e via Viazza decidono di costruire un pilastrino votivo per ribadire la loro gratitudine verso la Beata Vergine, a cui, in una piccola lapide di marmo, è dedicata una epigrafe: «Tua mercè o madre / questa contrada / scampò dal colera / l’anno 1855».
LA PESTE DEL 1630
Se volessimo ripercorrere la storia di Budrio, ricercando un altro momento che abbia visto la vita dei budriesi in grave pericolo, dovremmo fermarci al 1630. Oltre duecento anni prima del colera, la quotidianità di Budrio è funestata da una terribile epidemia di peste.
Il devastante morbo narrato da Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi coinvolge pesantemente anche la Comunità budriese. Le campagne sono annichilite prima del centro cittadino, che però nella primavera del 1630 fa registrare un numero crescente di decessi. Donne e uomini agonizzanti per le strade, case repentinamente spopolate, campi incolti, botteghe chiuse, disperazione ovunque: questo il ritratto di Budrio in quei mesi.
Il Lazzaretto – luogo isolato dove si raccoglievano le persone affette da gravi malattie infettive – è l’unico ricovero possibile per gli appestati, ma in poco tempo risulta inerme al cospetto di una epidemia insostenibile.
Il vecchio cimitero, accanto alla chiesa di San Lorenzo, non può più contenere le salme di tutti i defunti. Il primo provvedimento porta alla costruzione di un camposanto adiacente al Lazzaretto (chiamato l’Isoletta e posto lungo la via Rabuina, in prossimità del fiume Idice). Trascorrono alcuni mesi e si impone la necessità di un nuovo cimitero: questa volta il luogo prescelto è un appezzamento di terra vicino all’oratorio di Sant’Ansano, in cui si trova ancora oggi il camposanto di Budrio (ampliato nel corso dei secoli).
La peste imperversa per tutto il 1630 e parte del 1631. Il morbo sembra non avere fine. All’inizio dell’autunno del 1631, quando l’epidemia è definitivamente debellata, la popolazione budriese risulta decimata: i morti sono 1764, equivalenti a due abitanti su tre. Nell’ultima parte del periodo caratterizzato dalla peste giunge un ordine dal Papa Urbano VIII, che impone a Budrio di dover ospitare e mantenere diverse compagnie di soldati. Le difficoltà aumentano ulteriormente, ma i budriesi cercano di resistere.
La fine dell’epidemia segna una vera rinascita per la Comunità che, anche grazie al risarcimento del Governo di Bologna, riesce a ritrovare slancio: gli abitanti tornano ad essere impegnati in varie attività commerciali, le case cominciano a ripopolarsi e la lavorazione della canapa manifesta buona vivacità.
Le chiese sono ornate da pitture e arredi per ringraziare i santi protettori e nel 1633, accanto al Lazzaretto, Lorenzo Mellonari (ricco budriese) decide di far costruire un oratorio dedicato a San Rocco (protettore degli appestati) che darà poi il nome al luogo di cura e verrà poi affiancato da San Sebastiano, altro difensore dei malati di colera e peste.
Leonardo Arrighi
Chi non ha sognato di viaggiare nel tempo?
Vivremo l’esperienza dei budriesi nel 1855, con l’immondizia sparsa per il paese, COLERA e PESTE sono a tiro….
Anche l’ospedale di Budrio assomigliera’ sempre piu’ ad un lazzaretto visto che da luglio verra’ dirottato personale medico a S.Giovanni in Persiceto e al Maggiore………ma poi diranno che e’ solo riorganizzazione e razionalizzazione delle risorse……..
questa non la sapevo: si potrebbe essere più precisi? credo sia giusto che se qualcuno conosce ste cose, vengano dette chiaramente.
La prima foto raffigura chiaramente il panorama NORD-EST del centro storico di Budrio, non quello di Sud-Est, né tantomeno di Sud-Ovest…
Confermo che dirotteranno medici a S.Giovanni in Persiceto e al Maggiore e che ,dopo l’estate , di notte l’unico personale medico presente all’Ospedale di Budrio sara’ quello del Pronto Soccorso, che tanto “pronto” non potra’ essere …..
Lo scorso anno tolsero il chirurgo di notte, quest’anno l’internista…..la politica dei salassi etichettata come “riorganizzazione e razionalizzazione delle risorse”. Come al solito d’estate e in camuffa……
La ringrazio per aver diffuso questa informazione. Durante l’ultimo consiglio comunale come Gruppo Consiliare abbiamo fatto un’interrogazione su questo punto perchè anch’io avevo ricevuto notizie non positive al riguardo. Posso immaginare la risposta: ” l’ospedale non chiude” ma intanto dietro le quinte le cose sono e stanno cambiando profondamente anche se vogliono far passare che nulla è accaduto…….