L’asilo nido comunale di Budrio e un parco di Roma portano il nome di Don Cadmo Biavati, sacerdote salesiano per decenni impegnato nel tentativo di ridare speranze ai giovani provati dalle tragedia della vita. La realizzazione dell’opera Borgo Ragazzi di Don Bosco, ancora oggi attiva, è il traguardo più importante dell’infaticabile attività di Don Cadmo, sempre pronto ad aiutare le persone in difficoltà, grazie alla capacità di entrare in profonda sintonia con chiunque provasse dolore. La stima e l’amicizia ricevute da tre Papi: Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI hanno rappresentato degli autentici fiori all’occhiello per un uomo umile e schivo come Biavati, indotto a scrivere il libro Il Borgo Ragazzi Don Bosco (1975) proprio da Paolo VI, orgoglioso di aver motivato l’amico a porre su carta il suo testamento spirituale.
LA FONDAZIONE DEL BORGO RAGAZZI DI DON BOSCO
Il nome di Don Cadmo Biavati è legato alla creazione del Borgo Ragazzi di Don Bosco, risultato di un’avventura umana e spirituale davvero sorprendente. Nei mesi successivi alla conclusione della IIª Guerra Mondiale, l’Italia tenta di riprendersi dalle immani tragedie vissute. Le difficoltà sono enormi, in particolare i bambini e i ragazzi sopravvissuti all’orrore bellico ma rimasti orfani, si aggirano per le città alla ricerca di cibo, danaro e comprensione. Roma si popola rapidamente di giovanissimi senza famiglia, provenienti da tutta la nazione. I ragazzini spesso si assiepano ai bordi delle strade e alla Stazione Termini, tentando di improvvisare qualche lavoro. L’occupazione più diffusa è quella del lustrascarpe, da cui i bambini prendono il nome di sciuscià: romanizzazione della parola anglosassone shoeshine. Nella capitale affluiscono, da molte parti d’Italia, ragazzi disperati incapaci di trovare una soluzione ai loro problemi. La miseria si somma ad altra miseria e i poveri adolescenti si aggirano per la città coperti di stracci, affamati e privi di affetti.
All’inizio del 1947 Papa Pio XII rivolge un appello ai Salesiani, perché si prendano cura dei ragazzi abbandonati. I vertici della Congregazione incaricano Don Cadmo Biavati di cercare alcune idee per porre rimedio alla triste situazione. Il budriese decide di ospitare i giovani nell’Ospizio del Sacro Cuore, accanto ai tradizionali studenti e oratoriani. Ben presto il Sacro Cuore si riempie all’inverosimile ed allora Biavati riesce ad ottenere l’autorizzazione per utilizzare i locali posti negli scantinati della Scuola Oriani di Via Varese. Don Cadmo comprende bene la necessità di trovare una ulteriore collocazione. Nelle prime settimane del 1948 viene individuato un vasto terreno, circostante al Forte Prenestino, provvisto di capannoni vuoti. Il 22 marzo dello stesso anno Biavati – insieme ad alcuni salesiani e ad un vasto gruppo di ragazzi orfani – si trasferisce vicino al Forte. Comincia in questo momento una interminabile serie di lavori, che trasformano i capannoni in un dormitorio, in una chiesa, in un oratorio, in un teatro, in una scuola, in un laboratorio e in un refettorio. Nasce l’opera salesiana Borgo Ragazzi di Don Bosco, diretta da Don Cadmo per quattordici anni ininterrottamente.
SALVARE I RAGAZZI DALLA STRADA
L’idea di salvare i ragazzi dalla strada, dalla povertà, dalle cattive frequentazioni e da ogni forma di disagio nata nel 1600 in Francia, dove il futuro San Francesco di Sales avvia il suo percorso spirituale, che nel 1800 ispirerà un giovane sacerdote piemontese di nome Don Bosco. Biavati raccoglie idealmente il testimone e a questo proposito sono emblematiche le parole con cui Don Cadmo ricorda gli inizi dell’opera Borgo Ragazzi di Don Bosco: «Si incominciò allora un lavoro paziente, diuturno, faticoso: 150 ragazzi interni, 200 semiconvittori, 500 esterni; un piccolo esercito in marcia bisognoso di tutto: dal cibo al vestito, dal libro al giocattolo, dall’attrezzo di lavoro all’educazione morale e religiosa. I ragazzi interni erano ancora, in gran parte, quelli che avevamo raccolti da ogni angolo di Roma e d’Italia e sottratti ai mali della strada, i semiconvittori erano i ragazzi esterni che avevamo inquadrati nella scuola; gli esterni quelli che giornalmente venivano al Borgo, per avere un pane, un sorriso, un divertimento, un asilo. Un piccolo mondo di miseria. Però in mezzo al lavoro estenuante di ogni giorno per i figli di Don Bosco, potevamo finalmente dire: “ecco, ecco questi figlioli, che ieri erano fiori appassiti ora riprendono i loro profumi, trasformano la loro anima, risanano il loro corpo!”».
IL PERCORSO
Cadmo Biavati nasce a Budrio il 13 aprile 1912 da Alfredo e Angiolina Zerbini. Dopo aver frequentato le scuole elementari nel paese natale, all’età di undici anni Cadmo si trasferisce nella Casa Salesiana di Genzano a Roma, dove conduce e porta a termine gli studi ginnasiali e il noviziato, concluso l’8 settembre 1928 con la professione religiosa. Biavati sente l’esigenza di aiutare i più deboli, però comprende che per farlo nel modo migliore ha bisogno di affinare ulteriormente la propria preparazione culturale.
Dal 1928 al 1931 il ragazzo budriese frequenta la facoltà di filosofia dell’Università Gregoriana e ne consegue la laurea. Dalla teoria passa alla pratica, impegnandosi in un faticoso tirocinio a San Callisto (Roma). In questo nuovo contesto si rende conto di quante diverse forme di sofferenza esistano e di come ognuna necessiti di cure speciali. I singoli individui assumono un valore inestimabile agli occhi di Cadmo, che si immedesima soprattutto nei problemi dei ragazzi più giovani.
Nel 1934, dopo aver ottenuto la professione perpetua, inizia un nuovo percorso alla Casa del Sacro Cuore, in cui compie gli studi di teologia dell’Università Gregoriana (fino alla laurea del 1937). Il 26 luglio 1936 Biavati viene ordinato sacerdote a Roma ed immediatamente decide di completare la propria formazione con la laurea in lettere, che otterrà nel 1940. Il passo successivo è l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole superiori. Già durante i lunghi anni si studio, Don Cadmo vive a stretto contatto con i ragazzi, che popolano numerosi il collegio e l’oratorio del Sacro Cuore, dove il budriese si distingue come educatore, mostrando una naturale sintonia con i suoi interlocutori.
L’INSTANCABILE DON CADMO
Dal 1942 al 1947 Biavati ricopre gli incarichi di insegnante, consigliere e catechista a Villa Sora (Frascati). Don Cadmo passeggia spesso per le strade di Roma e si accorge delle situazioni drammatiche a cui tentano di far fronte molti bambini. La visione dei ragazzini privati delle loro sperane cattura l’attenzione del salesiano, che promette e se stesso di trovare una soluzione ad un problema apparentemente irrisolvibile. Al termine del 1947 ritorna al Sacro Cuore ed avvia l’opera che porterà alla creazione del Borgo Ragazzi di Don Bosco, che dirigerà per quattordici anni consecutivi fino al 1962, quando il Rettor Maggiore della Congregazione gli affida il governo dell’Ispettorato Salesiano (zona: veneto-est). A questo punto della sua esistenza, Biavati comincia a fare i conti con gravi problemi di salute, che ne limitano l’intraprendenza. Nel 1963 è costretto a rinunciare all’incarico assegnatogli l’anno precedente e a fare ritorno a Roma. Nella capitale ritrova l’entusiasmo e diventa Direttore delle Case del Testaccio (1963-1964), poi di Villa Sora (1964-1972) e dal marzo 1972 all’agosto 1973 è nominato Ispettore del Lazio e della Sardegna. Don Cadmo mantiene il consueto dinamismo alla guida di Villa Tuscolana (1973-1974) e di Villa Pio XI (1974-1980), prima di dover rinunciare definitivamente a qualsiasi attività. Nel 1980, provato dalla malattia, Biavati sceglie di ritirarsi nel Borgo Ragazzi di Don Bosco. Poter stare a contatto con i giovani e constatare la vitalità dell’opera avviata molti anni prima sono potenti antidolorifici per il provato corpo del sacerdote budriese, che morirà il 31 dicembre 1982 proprio nel luogo a lui più caro.
Ringrazio Demetrio Monari, Maurizio Montanari, Nadia Rapparini, Luisa e Alberto Zucchini.
Leonardo Arrighi
La vitalità e la fede di questo sacerdote restano nel tempo e nella memoria. Grazie al Signore per avercelo dato