La passione per la storia e quella per la riscoperta dei personaggi di valore del nostro paese. Sono questi gli ingredienti che stanno alla base del lavoro di ricerca del mezzolarese Leonardo Arrighi, responsabile della rubrica storica di Budrio Next e dal prossimo sabato 23 aprile curatore della mostra, in sala Rosa, Antonio D’Ormea – La volontà di indagare la mente. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare da lui il perchè, a Primaveranda 2016, ha deciso di dar spazio a una storia così importante.
Leonardo, è singolare come tu riesca a riscoprire storie di tanto valore, figlie del nostro territorio. Quest’anno è Antonio D’Ormea il protagonista del principale spazio espositivo di Primaveranda. Perché proprio lui…?
D’Ormea è stato uno psichiatra importante per l’evoluzione che ha portato alla nascita degli ospedali psichiatrici, in sostituzione dei precedenti manicomi. Ha lavorato negli istituti psichiatrici di Ferrara, Venezia, Udine, ricoprendo l’incarico di Direttore in quelli di Pesaro e Siena, dove è rimasto dal 1909 al 1952. Nel corso della sua carriera è stato uno dei primi al mondo a condurre studi sulla schizofrenia, ha inventato una terapia che ha preso il suo nome e ha pubblicato oltre 100 opere, affiancate da una enorme quantità di articoli, che lo ritraggono come uno dei primi giornalisti scientifici d’Italia. E’ stato consigliere comunale a Budrio e ha sposato, in seconde nozze, la budriese Bianca Menarini.
Perchè credi che il suo lavoro sia di assoluta importanza?
D’Ormea, e pochi altri, hanno traghettato i manicomi verso la costituzione degli ospedali psichiatrici. I primi erano strutture solo assistenziali, retrograde e irrispettose della dignità umana, mentre con gli ospedali psichiatrici si fa un passo in avanti verso il riconoscimento della terapia ai fini di curare gli assistiti, tantoché si comincia un percorso che porterà i malati a non essere considerati come un peso per la società.
La mostra su Antonio D’Ormea arriva dopo quelle, degli scorsi anni, su Benedetto Schiassi e Johannes Schmidl. Cosa hanno in comune questi personaggi?
Diciamo che la storia di D’Ormea è il terzo capitolo di un ciclo di ricerche storiche incentrate sulla cura dell’essere umano, visto che tutti e tre sono personaggi che hanno espresso grande valore nel campo medico-scientifico, tanto da avere fatto scoperte di importanza mondiale. Sono storie fondamentali, che sono state dimenticate e mai approfondite nel corso dei decenni, visto che non esiste una letteratura. Riscoprire questi grandi uomini significa restituire al nostro paese il valore dei loro meriti: è un impegno civile, prima che storico e culturale, per raccontare e ricordare queste gesta meritevoli alla nostra comunità.
Accanto alla figura di Antonio, nel tuo lavoro, ti sei soffermato anche su quella del padre Sebastiano D’Ormea…
Il padre di Antonio è stato per molti decenni Direttore e Primario dell’Ospedale Civile di Budrio, a cui ha dato un contributo straordinario, ponendolo all’avanguardia a livello nazionale. E’ a lui che si deve il percorso che il nostro paese fece sull’assistenza ai malati psichiatrici. Quando Sebastiano andò in pensione, passò il testimone a Benedetto Schiassi, che per oltre mezzo secolo sarà il punto di riferimento del cosmo ospedaliero budriese: la vocazione medica e scientifica di Budrio riacquisisce così i suoi padri e fondatori.
144 pagine e una ricca appendice fotografica. E’ il libro che hai scritto e che accompagna i visitatori in mostra…
Proprio così. Sabato, all’inaugurazione, sarà presentato anche il volume dal titolo omonimo alla mostra. E’ un lavoro di approfondimento per chi volesse comprendere ancora meglio le ragioni dell’impegno di Antonio D’Ormea. Per la pubblicazione e per l’organizzazione della mostra devo ringraziare la ProLoco di Budrio e l’Amministrazione comunale, che hanno sempre avuto il pregio di credere nella riscoperta dei padri del nostro paese. La farmacia Gnudi per il prezioso contributo. E un grazie sentito anche al budriese Antonio Menarini e al Circolo Sandro Pertini di Budrio che, mettendo a disposizione i documenti e le fotografie conservate, hanno reso possibile dare forma alla ricerca.
Per concludere, se dovessi racchiudere in una sola frase il lavoro di D’Ormea, cosa mi diresti?
Antonio è riuscito a far convivere in maniera davvero personale la teoria e la pratica: lui stesso amava definirsi come un uomo d’azione e le innovazioni terapeutiche, edilizie e tecniche che ha realizzato ne sono la testimonianza più fedele.
ANTONIO D’ORMEA – La volontà di indagare la mente
Inaugurazione sabato 23 aprile, ore 17:30 in Sala Rosa (Palazzo Medosi Fracassati di Via Marconi).
Orari:
– 24, 25, 26, 29, 30 aprile: ore 10 – 12:30 / 15 – 19.
– 1, 3, 7, 8, 10, 11 maggio: ore 10 – 12,30 / 15 – 19.
– 6 maggio: ore 15 – 19.
– Notte Verde (29 aprile): 21 – 24