La lunga notte che i mezzolaresi non dimenticano

10 maggio, 2016

Durante la notte tra il 20 e il 21 aprile 1945 il volto di Mezzolara viene irrimediabilmente sfregiato: bombe incendiarie colpiscono la chiesa, la macelleria, la ferramenta, la drogheria, il bar centrale e gran parte degli edifici storici del paese. Gli abitanti si stringono gli uni agli altri, raccolti nei rifugi e soprattutto nel sotterraneo delle scuole vecchie. Le fiamme divorano molte abitazioni, alcune granate fanno sobbalzare i mezzolaresi, che in preda alla disperazione cercano conforto nei volti dei compaesani, sempre solcati dalle lacrime di chi sa di aver perso parte di sé stesso.

L’INIZIO DEI BOMBARDAMENTI

Deve ancora compiere undici anni Franco Gatti, quando si trova coinvolto nella terribile notte del 1945. Il ricordo del bagliore causato dalle bombe incendiarie è ancora nitido: le frasi pronunciate all’interno del rifugio, le urla, la paura e il forte abbraccio della madre si fondono in quella notte catastrofica. Bastano poche ore per cancellare secoli di storia, privando Mezzolara della sua fisionomia.
Gli ordigni delle forze armate angloamericane colpiscono inizialmente la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo: il portico della facciata e la canonica si trasformano in cumuli di macerie. Altre bombe coinvolgono la macelleria “di Vincenzo”, la ferramenta “della Sara”, la drogheria Fiorini, il bar centrale e molte case: gli abitanti escono dagli edifici colpiti e si dirigono –sconvolti – verso le scuole vecchie, provviste di un sotterraneo in cui poter trovare riparo. Gli Alleati – ignari del fatto che i tedeschi abbiano già abbandonato Mezzolara – continuano ad aprirsi la strada, scagliando granate ed altre bombe incendiarie, che illuminano l’oscurità notturna in maniera surreale. Le fiamme avvolgono le abitazioni storiche e i mezzolaresi si stringono più forte, reprimendo tutta la disperazione.

ARRIVANO GLI ALLEATI
Alle prime ore dell’alba del 21 aprile i bombardamenti si arrestano e i mezzolaresi scendono in strada: lo scenario è sconvolgente. I pensieri delle persone sono occupati dalla speranza di scorgere presto all’orizzonte i soldati angloamericani. L’attesa diventa snervante e poi finalmente in lontananza si iniziano ad intravvedere alcuni gruppi di militari con le divise mimetiche e ben muniti di armi. Le truppe dell’8ª armata giungono a Mezzolara. Gli abitanti comprendono che i bombardamenti sono finiti e, nonostante siano circondati da cumuli di macerie, cominciano ad abbracciarsi e a gridare di gioia.
Dopo i soldati è il momento dei carri armati, che procedono incolonnati seguendo con precisione l’argine del fiume Idice. I mezzi militari attraversano i campi, distruggono siepi ed alberi, ridisegnando la geografia agricola. Mentre attraversano il paese, dalle torrette di alcuni carri armati si affacciano dei soldati, pronti a salutare la popolazione, ricevendo in cambio applausi scroscianti. Molti militari, in particolare di origine indiana, decidono di fermarsi nella casa del bar della stazione ed in altre abitazioni per concedersi un po’ di riposo.
I mezzolaresi cominciano ad occuparsi delle macerie, tentando di restituire al paese la dignità violata. Si capirà ben presto che i tempi saranno lunghi e che il ritorno alla tranquillità sarà per anni un’autentica chimera.

Leonardo Arrighi

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