Il dono di Mario Sgargi all’Ospedale di Budrio

17 giugno, 2016

Sabato 11 giugno, davanti all’ingresso principale dell’Ospedale di Budrio, si è svolta l’Intitolazione del Giardino Donatori di Sangue, connotato dalla presenza della scultura Madre che porge bambino morente del budriese Mario Sgargi.
Dario Bresciani, Presidente AVIS Provinciale Bologna, Maria Cristina Cocchi, Direttore del Distretto Pianura Est – Azienda USL di Bologna, Chiara Gibertoni, Direttore Generale Azienda USL di Bologna, Giulio Pierini, Sindaco e Vice Presidente Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria di Bologna, Nicolò D’Angelo, Presidente AVIS Budrio, ed Enzo Masina, Consigliere AVIS Budrio, sono intervenuti nel corso della mattinata, ribadendo a più riprese la centralità dell’AVIS e della generosità dei donatori, fondamentali per garantire a chiunque un adeguato servizio sanitario.
L’importanza della donazione è ribadita dall’annuale Giornata Mondiale del Donatore di Sangue che, dal 2004, dedica ogni 14 giugno – giorno scelto per ricordare la nascita di Karl Landsteiner, avvenuta nel 1868, scopritore dei Gruppi Sanguigni e coscopritore del Fattore Rhesus – ad una azione mai scontata ed anzi frutto di un gesto di amore per il prossimo.


Foto: Sergio Cardin

UNA SCULTURA PIENA DI SIGNIFICATI
La scelta di porre al centro del Giardino Donatori di Sangue la scultura di Mario Sgargi non è certo casuale, anzi rappresenta la sintesi artistica del valore della donazione. La Madre che porge bambino morente fissa e rende senza tempo la richiesta disperata di soccorso. La forza con cui la figura femminile sostiene il figlio esprime la drammaticità del momento, che sembra quasi avvolto da un’atmosfera sospesa. La componente materica dell’opera aggiunge pathos alla scena.
Questa scultura è stata realizzata all’inizio degli anni ’80 da Sgargi proprio per l’AVIS di Budrio, di cui ha fatto parte per oltre trent’anni. Mario è stato tra i primi donatori budriesi, quando nel 1955 è nata l’AVIS locale. Nel 1980 la scultore ha ottenuto la Croce d’Oro per aver raggiunto le cento donazioni: tra gli anni ’50 e ’70 le trasfusioni avvenivano direttamente – da braccio a braccio – e nel corso di quei decenni Sgargi ha rappresentato uno dei donatori più attivi e affidabili. Non si possono numerare le occasioni in cui il Dottor Giovanni Pulvino – Primario Chirurgo dell’Ospedale di Budrio – si è rivolto a Mario quando doveva compiere interventi ad alto rischio: l’artista non si è mai tirato indietro, mettendosi al servizio del prossimo con infinita generosità.

UNO SPIRITO IRREQUIETO
La storia di Mario Sgargi coinvolge le varie anime di una comunità, nel caso specifico quella budriese. Racconti e aneddoti caratterizzano ancora oggi – a quasi trent’anni dalla morte – le narrazioni delle persone che lo hanno conosciuto, divertendosi e discutendo, a volte in maniera animata, con l’indimenticabile Mario. L’irrequietezza e l’estro sono sempre difficili da contenere e così è stato anche per Sgargi, indipendente e fedele a sé stesso a volte fino all’eccesso. Tanti lo ricordano come Spiriòn, il soprannome ereditato dal nonno e difeso con grande orgoglio.
Attorno al 1960 cominciano ad intravvedersi le sembianze del futuro artista: Mario prende oggetti metallici di uso comune, assegnandogli una diversa vocazione, del tutto estranea a scopi utilitaristici. Chiodi, tenaglie, pinze, catene, ingranaggi, rondelle, corone, sfere e lime mutano forma, acquisendo quella di vari animali. Nel corso del tempo Sgargi attribuisce plasticità e dinamismo alle sue opere, investite in modo progressivo di una componente concettuale. Il percorso di Spiriòn coincide con la ricerca costante di nuove idee e soluzioni: la difficoltà ad adattarsi alla quotidianità, spesso condizionata da dinamiche asfissianti, trova libero sfogo nell’atto creativo, in cui l’artista si dimostra indomabile e agonisticamente legato alle sue opere.

IL GIOVANE SGARGI
Mario Nasce a Roma il 22 ottobre 1926. Il padre Samuele, di origine siciliana, e la madre Irene Vannini di Budrio si separano presto. Il giovane Sgargi diventa budriese a tutti gli effetti all’inizio degli anni ’30, quando – insieme alla madre – si trasferisce in via Golinelli n.4: nell’abitazione del nonno Gaetano Vannini. Dopo pochi anni Irene va ad abitare ad Imola, lasciando il figlio al nonno e alla prozia Cesira.
Mario non nasconde la propria sofferenza per il distacco dalla madre, però riesce – facendo affidamento sul suo carattere forte ed indipendente – ad integrarsi. Il nonno è soprannominato Spiriòn – dal nome di un avo Spirindione, in origine Spera in Dio – e svolge varie attività: muratore, spazzino e accalappiacani. Gaetano applica spesso le ordinanze e le proibizioni stabilite dal Comune, diventando così il terrore dei ragazzi e di chiunque volesse trasgredire. Via Golinelli e il popolare Bòurg Luvòn – cioè Borgo dei Ghiottoni, luvòn appunto, a causa del grande consumo di zucca dolce cotta al forno – sono animati anche dalla presenza di Cesira Vannini, prozia di Mario, soprannominata la Regina dal Bòurg Luvòn, per il carattere esuberante, per la bellezza e per l’intelligenza, contraddistinta da un eloquio rapido e convincente.
Sgargi vive insieme ai parenti, frequentando le Scuole Elementari e poi l’Avviamento. Durante questi ultimi tre anni di studio, il ragazzo vince per tre volte consecutive il Concorso Nazionale di Disegno, meritando l’iscrizione ad una scuola romana. Purtroppo in tutti e tre i casi Mario viene privato del riconoscimento a causa dei problemi con la giustizia avuti dal padre Samuele. L’abilità come disegnatore è chiara sin da giovanissimo e verrà confermata anche dagli splendidi bozzetti preparatori di alcune sculture dei decenni successivi.

L’UOMO E L’ARTISTA
La IIª Guerra Mondiale, che vede Sgargi impegnato in prima persona come partigiano, lascia ferite profonde nell’anima del budriese. Il ritorno alla normalità è pieno di ostacoli: Mario inizia a lavorare nelle risaie, poi al canapificio e alla fine del 1946 si sposa con Maria Luisa Buttazzi, ragazza di Medicina conosciuta nel corso del periodo bellico. Nel 1947 nasce il primo figlio Giancarlo, che sarà seguito: da Lodovico (1949), Daniela (1956) e Romano (1965).
Sgargi lavora nella polveriera di Marano e, attorno al 1950, riesce a trovare un impiego comunale come netturbino, rilevando sostanzialmente il posto lasciato libero dal nonno. Le giornate iniziano prima delle quattro del mattino, quando gli spazzini cominciano la loro attività. Mario diventa quasi una istituzione a Budrio, mettendosi in evidenza per le idee anarchiche e per il carattere irrequieto.
Attorno al 1960 prende forma l’idea di cimentarsi con delle creazioni artistiche. Emerge in questo frangente tutta la passione del budriese per il metallo, in particolare il ferro: visto maneggiare, fin da bambino, dai fabbri. I figli Giancarlo e Lodovico, esperti di meccanica, insegnano al padre come saldare vari pezzi di ferro. Da via Golinelli la famiglia Sgargi si traferisce a Riccardina: la nuova abitazione condominiale è dotata di una spaziosa cantina, che Mario allestisce come suo laboratorio. Vedono la luce così le prime opere, risultato dell’assemblaggio di oggetti di recupero: molle, pinze, chiodi, tenaglie, catene, ingranaggi, rondelle, corone, sfere e lime acquisiscono un nuovo statuto, dando vita ad animali sorprendenti.

UNA PASSEGGIATA CON MARIO
Scorpioni, serpenti, giraffe, cervi, stambecchi, granchi, scarabei, coleotteri, cicogne, aironi, aquile, falchi, tori, stalloni, tartarughe, pantere, lama, gabbiani, ragni, daini e cavalli rappresentano i soggetti preferiti per Sgargi, che realizza anche una serie di crocifissi. Il budriese non si mostra appagato e cerca di affinare le proprie doti, inserendo un dinamismo vorticoso: la Lotta tra due stalloni e soprattutto Galli da combattimento scandiscono una evoluzione repentina, che attribuisce alle sculture un senso del movimento coinvolgente ed imprevedibile.
Con il passare del tempo Mario è costretto – a causa dell’innalzamento dei prezzi dei fornitori – ad acquistare ferro non ancora utilizzato. Le opere non lasciano certo indifferenti i budriesi e presto anche altri acquirenti cittadini. In molti casi Sgargi chiede, come compenso, soltanto il rimborso delle spese sostenute per il materiale oppure – in seguito – per una modella dell’Accademia, fondamentale per realizzare le figure femminili.
Nel corso degli anni ’70 si verifica un ulteriore mutamento nello stile dell’artista, che inserisce una componente concettuale all’interno delle sue creazioni. Le figure femminili, in alcuni casi affiancate da bambini, ricorrono con costanza nelle opere: Ballerina, Madre che porge bambino morente, Donna accasciata, Donna in lacrime, Donna in slancio, La retta via e Bimbo che fa pipì sul mondo. Sgargi non dimentica la tragicità della IIª Guerra Mondiale, esprimendo il proprio pensiero attraverso le sculture Olocausto e Rifiuto della guerra.
La collocazione della statua Madre che porge bambino morente al centro del Giardino Donatori di Sangue accresce il numero delle opere di Mario – morto il 22 luglio 1988 – nei luoghi pubblici budriesi. Oltre alle numerose abitazioni che ospitano sculture di Sgargi, è possibile percorrere Budrio ricreando un ideale passeggiata insieme all’artista: davanti a Villa Donini compare La retta via, nel foyer del Teatro Consorziale è presente la Ballerina ed ora la statua nel Giardino Donatori di Sangue. Luoghi dedicati alla Cura e alla Cultura sono caratterizzati dalle creazioni di Mario, capace di dare corpo ad un anello di congiunzione tra cosmo scientifico e umanistico: le due componenti dell’animo umano.

Ringrazio Lodovico Sgargi, Maurizio Montanari e Sergio Cardin.

Leonardo Arrighi

Facebooktwittergoogle_plusmail

Commenta via Facebook


Lascia un commento


Il tuo commento sarà pubblicato al più presto una volta sottoposto a moderazione. I campi contrassegnati con * sono obbligatori.