Nei Giardini del Pincio di Roma, vicino ai busti di Leonardo e Michelangelo, è presente il ritratto marmoreo di un budriese: Antonio Sarti.
All’interno del cimitero romano del Verano si può trovare la tomba monumentale di Sarti, a cui il Comune della Capitale ha deciso di concedere gratuitamente la sepoltura. La prima biblioteca pubblica di Roma porta il nome dell’artista di Budrio, autore di una preziosa donazione di 10000 volumi. L’Accademia romana di San Luca, di cui Antonio è stato Professore e Presidente, contiene un busto ed una epigrafe che ricordano il maestro. Villa Torlonia, Palazzo Grazioli, la Fabbrica dei Tabacchi ed altre opere portano la forma di Sarti, interprete della scena artistica romana per oltre mezzo secolo.
IL RAPPORTO CON FAUSTINO TREBBI: UN’AMICIZIA BUDRIESE
A differenza di altri artisti, le opere di Antonio Sarti non caratterizzano Budrio in modo evidente. Soltanto nella Pinacoteca Civica compare il nome del budriese, autore di nove incisioni, che ritraggono altrettante basiliche romane. La storia di Sarti invece è legata a Budrio in maniera indissolubile per almeno tre motivi: il primo è quello di esservi nato; il secondo coincide con l’amore nutrito durante tutta l’esistenza per il paese natale; il terzo è incarnato dal rapporto instauratosi tra Antonio e Faustino Trebbi, primo maestro del futuro artista. Quando Sarti è un ragazzino, ormai avviato al lavoro di muratore, è proprio Trebbi a sostenerne lo slancio creativo. Il giovane budriese non è felice della propria occupazione giornaliera perché sente di essere nato per fare qualcosa di diverso. Faustino, affermato artista, resta colpito dalla sensibilità di Antonio, che dimostra una innata abilità come disegnatore. Il maestro, in maniera del tutto gratuita, aiuta l’allievo ad affinare la preparazione tecnica, propiziandone l’iscrizione all’Accademia dei Belle Arti di Bologna. Sarti si pone in evidenza, vincendo anche una borsa di studio per un corso all’Accademia romana di San Luca. Il budriese concluderà gli studi nella Città Eterna, diventandone poi uno dei massimi esponenti dal punto di vista artistico. Il ricordo di Trebbi e della sua generosità rappresenterà per sempre l’esempio a cui tendere nel corso della vita.
LA PRIMA BIBLIOTECA PUBBLICA DI ROMA
Nella Capitale d’Italia si possono trovare tre busti dedicati al budriese Antonio Sarti. Il primo è al cimitero del Verano, dove la municipalità romana ha concesso (nel 1880) una delle prime tombe a titolo gratuito, onore riservato agli uomini capaci di distinguersi anche dal punto di vista umano. Il secondo è presente nei Giardini del Pincio, accanto agli Illustri della storia mondiale. Tra le sculture di Michelangelo, Leonardo e Raffaello si può trovare – ancora oggi – il busto di Antonio, non lontano da quello di Quirico Filopanti. Il terzo è posto all’interno dell’Accademia di San Luca, che ha visto Sarti ricoprire per decenni gli incarichi di Professore di Architettura e di Ornato, oltre a quello di Presidente – dal 1860 al 1863 – e di Presidente Onorario Perpetuo dal 1873. I titoli di Conte Palatino e di Cavaliere sono accompagnati da altre onorificenze, ottenute dallo Stato Pontificio e poi dal giovane Regno d’Italia. Le qualità artistiche di Sarti – incisore, pittore e soprattutto architetto, alla perenne ricerca di una purezza stilistica figlia di un sorprendente connubio tra canoni neoclassici e influenze palladiane – sono i pilastri su cui si fonda in gran parte l’affetto di Roma per il budriese. Accanto ai meriti professionali, si impongono altre caratteristiche, capaci di rendere Antonio un autentico benefattore. L’attenzione mostrata nei confronti degli allievi e la volontà di aiutare le persone, accrescendone la preparazione culturale, si traducono in numerosi gesti quotidiani e in una donazione. Nel 1877 l’architetto decide di offrire, al Comune di Roma, tutti i 10000 volumi della sua biblioteca personale, ponendo come condizioni che i libri fossero conservati all’interno dell’Accademia di San Luca e resi fruibili all’intera cittadinanza. Nasce così la prima biblioteca pubblica della Capitale. In realtà il concetto di “pubblico” muterà nel corso del tempo, distanziandosi da quello iniziale, che non comprendeva ogni singolo individuo. Questo però non attenua la portata rivoluzionaria dell’idea di Sarti, sensibile – come lo era stato il suo maestro Faustino Trebbi – verso le esigenze culturali del prossimo. La composizione della raccolta di volumi traccia fedelmente i contorni della personalità del budriese, caratterizzato da molteplici interessi, indirizzati da un animo pieno di curiosità. Lo spirito del ricercatore si fonde con quello dell’artista, trovando piena rispondenza nella composizione della biblioteca: testi a stampa e manoscritti, contraddistinti da un importante nucleo di opere antiche dal XVI al XIX secolo. Arte, architettura, archeologia, antichità classiche, vite di uomini illustri, storie di città e paesi d’Italia si alternano nei vari volumi, a cui si affiancano album di incisioni e disegni a china dell’autore e di altri grandi artisti.
ALLA RICERCA DEL PROPRIO DESTINO
Antonio Sarti nasce a Budrio il 18 ottobre 1797 da Agostino e Gertrude Alberoni. Dopo aver frequentato la Scuola di Umanità, il giovane budriese comincia a lavorare – come muratore – accanto al padre. Antonio rispetta profondamente il genitore, ma sente di dover dare sfogo alla propria creatività artistica. A questo punto avviene l’incontro con Faustino Trebbi che, come già fatto con altri ragazzi budriesi – tra cui Francesco Cocchi –, decide di aiutarlo in maniera gratuita. Grazie ad alcuni anni di studio con il maestro, Sarti riesce ad affinare il suo talento, iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1819. Antonio ottiene ottimi risultati e, al termine del primo triennio accademico, vince una borsa di studio, che comprende un periodo da trascorrere alla prestigiosa Accademia San Luca di Roma. Gli incontri con i maestri Stern e Valadier arricchiscono la formazione del budriese, che sceglie di concludere i suoi studi proprio nella Citta Eterna, da cui non si sposterà più se non per brevissimi periodi.
ROMA PER SEMPRE
Conseguito il Diploma – nel 1824 – l’artista si dedica all’incisione per alcuni anni realizza delle acqueforti, che ritraggono le basiliche romane di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, Santa Maria in Trastevere e San Pietro. Il dinamismo, il rigore e l’innato senso spaziale non lasciano indifferenti gli esperti della città. Sarti si dedica intensamente anche alla pittura fino al 1831, quando arriva la grande occasione: costruire il Duomo di Terracina. Antonio può dimostrare la sua abilità come architetto, realizzando un progetto molto personale: il gusto neoclassico si fonde con i dettami palladiani. La verticalità interagisce in modo complementare con la distribuzione orizzontale della struttura sacra, che esternamente sfugge a qualsiasi prototipo. Pochi anni dopo l’artista viene scelto per la riedificazione della Chiesa di San Salvatore, sempre a Terracina. All’inizio degli anni ’40 Sarti diventa uno degli architetti più richiesti dalla nobiltà romana ed in particolare dal Alessandro Torlonia, che gli commissiona un Palazzo e la splendida Villa fuori Porta Pia. Altri incarichi non si fanno attendere: Palazzo Grazioli nel centro di Roma e Villa Grazioli a Castel Porziano sono i progetti successivi. Antonio riesce ad adattare il proprio stile alle diverse circostanze, non venendo mai meno al suo rigore formale, frutto di una rivisitazione consapevole dei canoni classici e palladiani. Il budriese viene apprezzato anche dal mondo ecclesiastico. Il Palazzo Delegatizio di Frosinone è la prima commissione, che prelude a quella più importante: la costruzione della Fabbrica Tabacchi, voluta da Papa Pio IX nel 1859.
Sarti lavora anche all’estero, in particolare ad Alessandria d’Egitto, dove realizza il Palazzo del Vice Re, e a Malaga, dove costruisce la Cappella della famiglia Herrera. Il centro della vita e dell’attività dell’artista resta comunque Roma, che lo vede ancora protagonista come autore dell’altare maggiore della Chiesa del Gesù e di un Palazzo della famiglia Torlonia in via Condotti. Il budriese continua a dedicarsi all’arte e all’insegnamento fino al giorno della morte – avvenuta il 24 settembre 1880 – in cui la tristezza avvolge la Capitale del giovane Regno d’Italia.
Leonardo Arrighi