Biomasse e brodo di cipolla

23 dicembre, 2011

Un impianto di biomasse

Un grande scalpore sta suscitando sul territorio di Budrio il tema degli impianti a biomassa.
Dopo il referendum che ha sancito la contrarietà degli italiani alla produzione di energia nucleare e dopo la delibera della Regione Emilia-Romagna del luglio 2011 che ha individuato le aree e i siti per l’installazione di impianti di produzione elettrica da fonti energetiche rinnovabili i territori della provincia di Bologna, compreso il nostro di Budrio, sono stati oggetto di particolare attenzione da parte di privati come possibili luoghi in cui realizzare siti di produzione di energia.

Si dirà che finalmente si mette in pratica il principio condiviso da molti che bisogna produrre energia liberandosi dal vincolo delle fonti fossili.
Ma per trovare una dignitosa soluzione all’annoso problema del bisogno di energia non si deve creare un guaio ancora più grande.

Infatti, oltre al fotovoltaico e all’eolico, è possibile creare energia producendo prima biogas dalla fermentazione di vegetali e poi, bruciando il biogas, produrre energia elettrica.
Per fare ciò è necessario utilizzare una grande quantità di prodotto agricolo, in particolare cereali come il mais, che avendo molta massa possono produrre notevoli quantità di peso per unità di superficie. La pianta va raccolta ancora verde quando la sua massa è più consistente e viene utilizzata tutta per la produzione di energia.
Ci sono fondamentalmente due modelli di produzione di questo tipo di energia: un modello agricolo, dove un’impresa che si occupa di produzione agricola utilizza gli scarti della sua produzione o una parte marginale dei suoi terreni per colture dedicate alle biomasse; un modello industriale, dove imprenditori non agricoli coltivano terreno esclusivamente, o quasi, per la produzione di colture da dedicare alle biomasse.
Nel primo caso si utilizzano materie che sarebbero destinate alla distruzione, con un evidente recupero di valore degli scarti. Nel secondo è necessario utilizzare i terreni non per un uso alimentare, umano o animale, ma per dar da “mangiare” a degli enormi stomaci artificiali che “digeriscono” il prodotto agricolo per rilasciare biogas.
Per produrre un Megawatt all’ora di energia elettrica occorre molto territorio.
Per alcuni occorrono tra i 270 e i 300 ettari (ETTARI !) di terreno da coltivare a mais; per altri, tra cui agronomi e tecnici del settore la dimensione è di circa 400 ettari per Megawatt.

A Mezzolara il progetto inizialmente presentato era di 4 Megawatt, che forse sarà ridimensionato sempre che venga approvato dalla conferenza dei servizi della Provincia di Bologna che deve valutarne la fattibilità. Ciò significa un utilizzo di terreno di circa 1200-1500 ettari (a seconda delle opinioni).
In merito a questo impianto i pareri contrari non sono sulla produzione di biomassa in sé ma le dimensioni, la tipologia industriale, l’alterazione del mercato dei terreni agricoli, le emissioni ambientali, il consumo di acqua, l’impoverimento dei terreni, l’inquinamento stradale del traffico per il trasporto, il principio che non bisogna togliere terreno alle coltivazioni per l’alimentazione a favore delle agro-energie.
Ci sono anche pareri favorevoli di chi dice che questi tipi di impianti sono economicamente vantaggiosi per gli attuatori e gli agricoltori che li gestiranno e che permettono di superare in parte la crisi che attraversa da diversi anni il settore agricolo.

Il rischio è che dietro a una esigenza legittima di trovare strade alternative si insinuino speculazioni economiche che porteranno pochi vantaggi alla nostra vita e anche alla nostra economia.
Gli amministratori pubblici rispondono che poco possono fare di fronte a richieste che rientrano nella normativa vigente.
Bisogna rispettare le leggi, giusto. Ma quando una legge è sbagliata o incompleta la nostra aspettativa è che essa venga modificata.
E’ una battaglia di buon senso e di civiltà da promuovere e sostenere.

C’è chi ha ironizzato sul racconto fatto da chi in tempo di guerra è sopravissuto col brodo di cipolle e ben poco se ne sarebbe fatto della corrente elettrica, che oggi verrebbe appunto fatta coltivando mais e non cipolle o patate. Si, certo, tempi diversi. Quando mai mancherà cibo o acqua, in questo mondo in cui ci sono risorse per tutti? Demagogia? Anti-progresso? Eresia?
Allora ricordiamo ai grandi illuminati del progresso che eretico è colui che accende il fuoco (delle biomasse), non chi ci brucia dentro. Di caldo al massimo preferiamo un brodo di cipolla.

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