La budriese Simona Vinci trionfa al Premio Campiello

12 settembre, 2016

Sabato 10 settembre la budriese Simona Vinci ha trionfato al Premio Campiello con il romanzo La prima verità (Einaudi), aggiudicandosi così la 54esima edizione, svoltasi al Teatro La Fenice di Venezia, di uno dei riconoscimenti letterari più prestigiosi nel panorama nazionale. Al termine di un palpitante conteggio dei voti, la Vinci si è classificata prima con 79 voti, precedendo Elisabetta Rasy con Le regole del fuoco (Rizzoli) e Andrea Tarabbia con Il giardino delle mosche (Ponte alle Grazie). Simona – raggiunta telefonicamente da Budrio Next – ha ribadito che: «le vicende raccontate nel libro sono strettamente legate alle esperienze quotidiane vissute a Budrio, in particolare nel corso della mia infanzia, e per questo motivo ho voluto ripetere anche sul palco del Teatro La Fenice (dove si è svolta la cerimonia di premiazione, ndr) la centralità del luogo dove vivo da tanto tempo».

LA CERIMONIA
La cerimonia di premiazione – trasmessa in diretta su Rai 5 e in seconda serata su Rai 3 – ha visto l’avvicendarsi sul palco del Teatro La Fenice, dei cinque finalisti del Premio. I conduttori della serata, Geppi Cucciari e Neri Marcorè, hanno intervistato gli autori, approfondendo alcuni temi trattati nei libri. La premiazione è stata scandita dal conferimento dei riconoscimenti: Campiello Giovani, Opera Prima, Fondazione Campiello e Campiello Economia.
Il momento culminante ha coinciso con il verdetto conclusivo che ha visto salire sul palco gli scrittori. In pochi minuti è stata letta la classifica definitiva che ha visto trionfare Simona Vinci. L’autrice, visibilmente emozionata, ha ricevuto la pesante “vera da pozzo” (simbolo del Campiello) e ha ricordato gli 8 anni impiegati per scrivere il suo libro, frutto di una vera e propria lotta interiore: alla ricerca di significati così profondi da rischiare lo smarrimento.

IL PREMIO
Il rapporto tra Simona Vinci e il Premio Campiello inizia ben 17 anni fa, quando – nel 1999 – è inserita nella cinquina dei finalisti con il libro In tutti i sensi come l’amore. Nel 2003 è il momento di un’altra finale, ottenuta con Come prima delle madri. Il terzo tentativo dunque è stato quello propizio per la vittoria, che Simona ha accolto con un certo stupore.
Il 27 maggio 2016 – alla vigilia della presentazione de La prima verità alle Torri dell’Acqua di Budrio – viene ufficializzata la cinquina dei finalisti di questa edizione del Campiello. Da quel momento inizia un tour scandito da 14 tappe (disseminate in tutta Italia) che porta i cinque scrittori alla cerimonia del 10 settembre.
Le opere selezionate per la finale del Premio promosso dalla Confindustria del Veneto sono il risultato delle scelte operate dalla Giuria dei Letterati, composta nel 2016 da: Ernesto Galli della Loggia (presidente), Federico Bertoni, Riccardo Calimani, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Luigi Matt, Ermanno Paccagnini, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Roberto Vecchioni, Stefano Zecchi ed Emanuele Zinato. I cinque libri vengono poi sottoposti al giudizio di un gruppo di 300 persone, composto in maniera variegata e caratterizzato dalla presenza di casalinghe, imprenditori, impiegati, professionisti, studenti, pensionati provenienti da ogni parte d’Italia.
Lo stesso nome del Premio è direttamente legato all’importanza della Giuria Popolare. Campiello infatti identifica una tipica piazzetta veneziana circondata da edifici bassi: luogo d’incontro e di interazione culturale. L’iconografia del prestigioso riconoscimento riproduce (in argento) la “vera da pozzo” tipica dei campielli veneziani, che spesso conservano al centro il pozzo, un tempo fondamentale per l’approvvigionamento dell’acqua potabile.

CAMBIARE SEMPRE PROSPETTIVA
Simona Vinci ha riflettuto, durante la serata di premiazione, sul concetto di anormalità: etichetta spesso apposta in modo strumentale. Le storie legate all’Istituto (lager) di Leros contemplano varie forme di emarginazione, a cui ogni individuo tenta di far fronte. Il rapporto tra normale e anormale viene annichilito dall’autrice, che riesce a mutare costantemente la prospettiva di osservazione, arrivando a creare un reticolato di esperienze e pensieri capaci di annullare qualsiasi punto di riferimento precostituito. La scelta di fondere e accostare diversi generi letterari all’interno della stessa opera permette all’autrice di rinnovarsi continuamente, mutando il proprio lessico poetico. Lo stile non può che fuggire da se stesso ed evitare di adagiarsi su posizioni acquisite. La prima verità è un vortice pieno di dinamismo e di stravolgimenti letterari sorprendenti. Ogni pagina rimette tutto in discussione senza alcuna indulgenza.
L’ispirazione tratta dall’infanzia budriese, vissuta osservando i pazienti del San Gaetano e di Villa Donini, getta una luce sulla sensibilità della Vinci, attenta sin da giovanissima al disagio psicologico e psichiatrico. Il rapporto della scrittrice con Budrio pone in evidenza la ricerca dell’universalità: vicina, vicinissima, a patto che la si sappia percepire.

Leonardo Arrighi

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