Con oltre 160 tesserati e circa 240 partite giocate in una stagione, oggi la Pallavolo Budrio è una delle realtà più attive nel panorama sportivo del paese. La società, nata nel lontano 1966, quest’anno spegne le sue 50 candeline di attività. Per l’occasione abbiamo incontrato Paolo Selleri (foto), fondatore e dirigente responsabile, nonché una delle figure più rappresentative della Pallavolo Budrio.
Paolo, come è nata la pallavolo a Budrio?
Sebbene siano passati 50 anni, mi ricordo ancora bene i primi momenti. Di solito andavamo a giocare a calcetto in un piazzale, dove c’era un vecchio campo da basket. Sul finire dell’estate del ’66, una sera ci hanno tolto la luce. Ci siamo chiesti “e ora cosa facciamo?”. A uno venne un’idea: “perché non andiamo a giocare in palestra?!”. E allora ci siamo recati in Comune e abbiamo ottenuto il permesso per giocare il lunedì. Abbiamo iniziato quasi per scherzo: eravamo tutti ex giocatori di calcio, quindi non eravamo dei fenomeni.
Quando avete iniziato a giocare?
Ci siamo iscritti alla Federazione, e al campionato di Terza Divisione. Il debutto è andato bene: abbiamo vinto le prime due partite, non si sa come, ma le abbiamo vinte. Poi però fino a fine campionato non abbiamo vinto più nulla. Un classico!
Poi come avete continuato?
Per una decina d’anni siamo andati avanti a livello amatoriale. Abbiamo cominciato a vincere più partite, ma rimanevamo sempre nel campionato di Terza Divisione, senza nessun salto di qualità. Anche perché molti di noi praticavano altri sport, c’era chi giocava a calcio, chi a basket. E poi anche perché facevamo un solo allenamento a settimana.
Ma alla fine il salto di qualità c’è stato?
Dopo una decina d’anni è arrivato un gruppo abbastanza giovane, formato da under 18, che ha rilanciato la squadra. Abbiamo richiesto più spazi, abbiamo cercato di essere più presenti e più forti. Dopo un primo anno in sordina, siamo stati promossi per tre volte di seguito, fino ad arrivare alla serie D.
Le foto storiche delle squadre della Pallavolo Budrio (dal sito www.pallavolobudrio.it)
E invece il settore femminile?
Dopo i primi grandi successi, abbiamo cercato di diventare una società importante e così è nato anche il settore femminile. Le altre squadre però erano abbastanza forti e noi non avevamo delle grandi potenzialità. Poi pian piano anche il femminile è cresciuto. Anche perché la quantità delle ragazze cominciava a essere superiore a quella dei ragazzi. E così abbiamo cominciato a fare campionati importanti.
Come è nato l’interesse nei confronti della pallavolo?
All’inizio mi ricordo di partite con davvero parecchia gente che veniva a vederci. Posso dire che c’era più gente allora che adesso, anche se eravamo in Terza Divisione. Negli anni 90, quando la pallavolo nazionale ha cominciato a vincere europei e mondiali e a lottare per le olimpiadi, l’interesse è aumentato ancora. E me ne sono reso conto subito: ragazzini e ragazzine che iniziavano a giocare a pallavolo proprio perchè vedevano le partite alla televisione.
Quali sono state le soddisfazioni più grandi?
Di soddisfazioni ce ne sono state molte. Di partite ne abbiamo vinte tante. Ma il patrimonio della società sono i ragazzi. Ed è davvero bello vedere oggi che la maggioranza dei ragazzi della prima squadra è budriese. E poi, è vero, l’obiettivo è sempre la salvezza. Ma quando giochi e ne perdi tante, anche se ti salvi, non è bellissimo. Quando invece giochi un campionato vincendo quasi tutte le partite e arrivi alla promozione, la soddisfazione è davvero grande. Anche se sei in un campionato di livello inferiore.
Un episodio particolare di cui conserva ancora oggi il ricordo?
Eravamo a Conselice, per l’ultima partita di campionato di serie C2. Noi eravamo primi in classifica, e quindi già praticamente salvi, ma per i nostri avversari quella partita valeva i play-off. Mi ricordo tutta quella gente al palazzetto, era un bolgia. Gente che dagli spalti ci tirava cose in campo, con le panchine a ridosso del pubblico che permettevano agli spettatori di dare scappellotti ai giocatori. Lì ho sudato freddo, ma per fortuna è finita bene. Dopo due ore e mezzo, abbiamo vinto 3 a 2, concludendo il tie-break 16 a 14. È stata una partita bellissima, proprio perché nessuna delle due squadre voleva perdere, e poi eravamo entrambe due squadre forti. Abbiamo rischiato molto, ma abbiamo vinto il campionato.
Quali sono oggi i numeri della Pallavolo Budrio?
Oggi siamo una società che ormai è arrivata a 160 tesserati, di cui 18 dirigenti. Facciamo 13 campionati, con circa 240 partite in un anno. Questo vuol dire che la metà le facciamo in casa, quindi ci vuole organizzazione. C’è da lavorare, ma c’è tanta soddisfazione.
E le prime squadre, maschile e femminile, che campionati fanno?
Con il maschile quest’anno siamo in Serie C, mentre con il femminile l’anno scorso siamo arrivati in Serie D, siamo riusciti a rimanerci e quest’anno la squadra sembra più forte, quindi dovremmo trovare meno difficoltà.
Cosa conta di più nella pallavolo?
La voglia di giocare. E’ più utile un giocatore alto un metro e sessanta che ha una gran voglia di mettersi in gioco, piuttosto che uno alto un metro e novanta che non gli piace quello che fa. Prima di tutto c’è bisogno di passione, qui come in qualsiasi altro sport.
Quale messaggio darebbe ai giovani che oggi si avvicinano allo sport della pallavolo e comunque a tutti quelli che praticano questo sport?
Direi sicuramente che la pallavolo non è uno sport facile, perché non basta prendere la palla e correre. È un gioco di squadra e occorre rimanere concentrati e sapere che se ricevi male la palla è perché stai pensando ad altro o perché non ti piace. È chiaro poi che quando sei in un gruppo, in una squadra, c’è quello che gioca di più e c’è quello che gioca di meno, ma tu devi sempre cercare di allenarti per essere quello che gioca meglio.
Michele Simone