Da un documento di proprietà del collezionista budriese Gianfranco Da Re riemerge una preziosa descrizione di Budrio, databile tra il 1843 e il 1845. La produzione della canapa, la frequentazione dei mercati, il Teatro, le botteghe, i mulini, le chiese e le strade del paese sono protagoniste di una narrazione, che ha il merito di restituire una istantanea dettagliata di un periodo di transizione spesso privo di numerose fonti documentali.
BUDRIO TRA IL 1843 E IL 1845
La descrizione di Budrio presente nel documento può essere datata tra il 1843 e il 1845. Questi due riferimenti temporali derivano da un paio di informazioni scritte nel testo: da una parte la notizia che a Budrio «ora vi è un solo convento di Frati che hanno essi la cura Parrocchiale […] dell’Ordine dei Servi» permette di risalire al periodo successivo alle soppressioni (degli ordini religiosi) napoleoniche ed in particolare al 19 gennaio 1843, giorno in cui i Servi di Maria tornarono a San Lorenzo, dopo l’addio dato nel 1811; l’altro punto fermo coincide con la carriera istituzionale di Vincenzo Boriani, nominato nello scritto e associato alla carica – probabilmente mai rivestita – di Priore. Boriani fu, dal 1833 al 1845, Capitano dei Volontari Pontifici del distretto di Budrio Orientale, ma non risulta da nessun altro documento che sia mai stato Priore, nonostante ciò la sua carriera nella pubblica amministrazione si conclude con certezza nel 1845 e questa informazione fornisce comunque il riferimento temporale decisivo per datare questa testimonianza.
La Budrio che viene narrata nel documento è frutto della Restaurazione avvenuta nel 1815, dopo il Congresso di Vienna. Lo Stato Pontificio – egemone nel territorio budriese – ha ristabilito le quattro Legazioni di Ferrara, Forlì, Ravenna e Bologna. Budrio, sede di Governatorato, è un Comune di Prima classe e molti dei Comuni limitrofi dipendono direttamente dal Priore (capo della magistratura comunale) budriese, che potrebbe essere paragonato all’attuale carica rivestita dal Sindaco.
Le condizioni economiche sono inizialmente misere, ma con il passare dei decenni la tranquillità istituzionale permette una certa crescita sociale. Dopo il 1831, al termine dei moti insurrezionali, il Governo Pontificio crea una Guardia Nazionale, presente anche a Budrio con il nome di Compagnia dei Volontari Pontifici. La situazione diventa sempre più insopportabile per chi, come Luigi Cocchi (il futuro Colonnello), sente il bisogno di libertà. La ricerca di indipendenza e la volontà di riconoscersi in una compagine nazionale sono sentimenti repressi dalla Restaurazione, ma sempre latenti e vivaci. Pochissimi anni dopo la stesura di questa anonima testimonianza, Budrio vivrà degli stravolgimenti epocali, ben distanti dalla sospensione temporale del periodo precedente.
ALCUNI RIFERIMENTI
L’«epoca repubblicana» è quella della Repubblica Cispadana nata nel 1796 e trasformatasi l’anno successivo in Repubblica Cisalpina. Chi scrive fa riferimento a «tre conventi di Frati»: dei Cappuccini, presenti a Villa Sarti (oggi via Martiri Antifascisti), dei Domenicani, collocati nell’attuale piazza Antonio da Budrio, e dei Servi di Maria, a cui era affidata la Parrocchia di San Lorenzo. Questi ordini religiosi vennero aboliti dai decreti napoleonici e, nel momento di stesura della descrizione, soltanto i Servi di Maria erano tornati a Budrio. Il «convento di suore» era quello delle Serve di Maria, attive sin dal 1678 all’interno dell’attuale Palazzo Comunale: le suore servite saranno allontanate da Budrio durante l’epoca napoleonica, ma torneranno dopo la Restaurazione, occupando la stessa sede fino al 1879. L’autore della descrizione parla soltanto di un «orfanatrofio di zitelle», il Conservatorio o Serraglio dei Bianchi, a cui però dall’inizio dell’800 si somma anche il Conservatorio per i Putti, intitolato a San Gaetano.
La «Casa di ricovero tanto per Uomini che per Donne» era il Ricovero di Mendicità, istituito nel 1830 presso la chiesa di San Domenico. L’impulso decisivo alla nascita del Ricovero venne data da Giovan Battista Dalla Noce, che creò un istituto all’avanguardia e capace di accogliere persone provenienti da Bologna e da ben 25 comuni della zona. Il «grande e magnifico Spedale» era l’Ospedale Donini e Zogolari, costruito tra il 1782 e il 1802 grazie all’eredità Gherardi e soprattutto attraverso i lasciti delle famiglie Donini e Zogolari, che diedero la possibilità a Budrio di dotarsi di un ospedale di grande qualità.
Ad aprire il documento – subito dopo la collocazione della stampa di un’incisione che ritrae Budrio nel 1836 – è l’iscrizione presente sulla croce carolingia (oggi conservata all’interno della Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio della Pieve) del 828 d.C. Chi scrive riporta anche la collocazione della croce marmorea, posta all’interno dell’Oratorio di Santa Giuliana, che viene erroneamente datato all’827 d.C., mentre la struttura sacra fu costruita nel corso del XIII secolo.
LE PAROLE DEL DOCUMENTO
«Nel distretto di Budrio deve esistere eziandio un Oratorio di Santa Giuliana sino dal 827; che percui entro allo stesso devesi trovare un marmo inciso questa scrizione dell’Imperatore Francese e Re d’Italia, Fratelli = In nomine Domine nostri Jesu Christi Imp. Domin. Nost. Hlodovicus et Hlotarius eius Filio, anno imperi eorum Christo iuvante quarto decimo et sexto, die octavo mensis novembris per indictione sexta Petrus Presbyter fieri rogavi [traduzione: Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, essendo imperatori Ludovico e Lotario suo figlio, nell’anno del loro imperio decimo quarto e sesto, nel giorno ottavo del mese di novembre, indizione sesta, io, Pietro Prete, ordinai che fosse fatta].»
«Budrio nel Bolognese, è Castello molto ragguardevole anche di condizione, situato in campagna fertilissima massima nella produzione della Canepa, la quale riesce di tanta squisitezza che viene apprezzata più di tutte quelle d’altri territori, e può vantarsi di essere posta la fortuna di molte famiglie Budriesi.
Questo Castello è assai bello, circondato di alte mura, ben fabbricato, tanto l’interno che li sobborghi, con le strade, la maggior parte fiancheggiate da Portici, con Chiese magnifiche.
Prima dell’epoca repubblicana eranvi tre conventi di Frati, uno di Suore, ed un orfanatrofio di zitelle, ora vi è un solo convento di Frati che hanno essi la cura Parrocchiale, ed uno di Suore ambidue dell’ordine dei Servi.
Si fanno in Budrio due mercati la settimana; quello del Martedì è copiosissimo di concorrenti con quantità di merci; e in Estate vi è anche una fiera da Bestiame; Si fa mercato anche il sabato ma la massima parte con oggetti femminili.
Viè bel Teatro, gran quantità di Botteghe, due Spezierie, due Caffè, tre Macellerie; grande vi è la manifattura di Gargiolo, Tele e Cordaggi. Due Molini per grano, uno presso il Castello l’altro alla Riccardina. Governatorato, Magistratura, Casa di ricovero tanto per Uomini che per Donne, grande e magnifico Spedale, Scuole d’ogni qualità anche di Gramatica; ora l’attuale Priore Comunale ha proclamato ancora il concorso di una scuola di Musica.
L’attuale Priore Comunale Sig. Vincenzo Boriani, possidente stabilito in Budrio, persona preclarissima che disimpegna la carica Priorale con molta alacrità.
Li Budriesi sono colti e molto civilizzati, e da essi sono sortiti molti Uomini dotti.
La popolazione di Budrio, compreso li sobborghi è poco meno di 11000 abitanti.
Budrio è distante dieci miglia da Bologna.»
Leonardo Arrighi
Complimenti a Leonardo per queste bellissime ricerche.
Interessante. A Budrio tra il 1843-1845 c’era “un grande e magnifico Spedale.”