Da quasi un millennio la storia di Budrio è legata alla sensibilità verso l’assistenza medica. Molti edifici budriesi – ancora oggi ben visibili – hanno accolto, nei secoli, degli Ospitali e poi degli Ospedali: il Vulpino a Mezzolara, l’Auditorium, il complesso di Sant’Agata, la Casa Protetta San Domenico a Budrio e il Palazzo in cui vivono la Suore Visitandine di Vedrana sono soltanto alcuni dei luoghi che parlano del binomio tra Budrio e la Cura.
Riscoprire – attraverso le “pietre” – una tradizione così radicata, porta a familiarizzare nuovamente con i nomi e le identità dei numerosi benefattori, che hanno deciso di donare i loro beni per migliorare la salute dei concittadini. Nel tempo la Cura è diventata una consuetudine, che ha permesso a Budrio di poter avere – tra i suoi figli – dei medici e scienziati di livello internazionale, capaci di realizzare scoperte sorprendenti.
TUTTO HA INIZIO A MEZZOLARA
La storia ospedaliera budriese inizia nel XII secolo, quando viene costruito l’Ospitale del Vulpino, collocato in prossimità del guado dell’Idice, a Mezzolara. Tra gli Atti Bolognesi è possibile trovare – nei libri dei benefici e delle prebende – delle informazioni relative all’Ospitale mezzolarese, «esentato dalle decime per il suo carattere caritativo».
A questo punto, prima di proseguire nella rassegna dei luoghi dedicati alla Cura, è necessario riflettere sulle funzioni degli antichi Ospitali, che consiste nella concessione dell’ospitalità a pellegrini affaticati oppure affamati. I pellegrini transitano dai vari territori in vista del raggiungimento delle località sacre, tra cui: Roma, Gerusalemme, Santiago de Compostela. Gli Ospitali sorgono rispettando la visione cristiana, che contempla il pellegrino come ospite. Questi edifici sono eretti presso i guadi dei fiumi, perché proprio in quei luoghi sono spesso obbligati a sostare a causa delle piene improvvise dei corsi d’acqua, oppure nelle città, vicino ai santuari o alle comunità religiose. Nel corso del tempo gli Ospitali acquisiscono anche il nome di Ospizi, sempre a carattere caritativo. Durante il Medioevo e sostanzialmente fino al termine del ‘700 anche gli Ospizi, pronti a prestare assistenza al malato, non si fondano su elementi scientifici, ma tendono a portare sollievo attraverso pratiche religiose e magiche, tra cui tisane, decotti, acqua cotta. Alcuni Ospizi sono eretti fuori dalle mura delle città, come i lebbrosari. Con il termine Ospizio si definiscono poi alcuni tipi di istituzioni, come gli Ospizi per gli anziani, per i fanciulli: per esempio l’orfanatrofio I Putti di San Gaetano, o il Conservatorio Bianchi per le fanciulle povere a Budrio. Molte di queste istituzioni si sono preservate attraverso lasciti e benefici ricevuti da privati, amministrati poi da Compagnie o da Confraternite, giungendo fino a tempi non molto lontani con il nome di Opere Pie.
L’Ospitale del Vulpino di Mezzolara termina la propria attività subito dopo la sopraelevazione degli argini e la costruzione del ponte sull’Idice, avvenuta nel 1320. Poco più di un secolo dopo, nel 1443, nasce un altro Ospitale: quello Della Riccardina, dal nome della località in cui sorge. L’edificio – nei pressi di un guado – viene costruito a spese della “pia vedova” Ghelda Camulli, che sente l’esigenza di aiutare il prossimo. La particolarità di questo Ospitale è che non vi alloggiano soltanto i pellegrini in difficoltà, ma vengono accolti anche i bambini nati da rapporti illeciti, che poi saranno portati all’Ospedale Maggiore di Bologna. Ghelda Camulli – ricordata spesso come “Dama Camulli” – finanzia la costruzione dell’oratorio di Sant’Ansano, collocato nella zona dove oggi si estende il Cimitero di Budrio, e dona cinque tornature di terra (all’interno del Castello budriese) alla Confraternita dell’Ospitale di Sant’Agata. L’istituto della Riccardina sopravvivrà per quasi tre secoli, fino al 1735, attraverso l’amministrazione della Confraternita dell’Immacolata. Dopo la soppressione, dovuta ad un decreto del cardinale Prospero Lambertini, i suoi beni e le sue rendite vengono assegnati all’Ospitale di Sant’Agata per «il mantenimento di letti a favore de’ poveri infermi della Villa della Riccardina ed in loro difetto, de’ poveri abitanti della Pieve di Budrio».
L’ASSISTENZA OSPEDALIERA A BUDRIO
Nel centro di Budrio, all’angolo tra le attuali via Bissolati e via VIII Agosto, si trova l’Ospitale di Sant’Apollonia, di cui si conosce con certezza soltanto il fatto che nel primo decennio del ‘400 è devastato dalle fiamme, che ne compromettono l’esistenza. Questo Ospitale, sorto vicino al vecchio Cimitero di San Lorenzo, è un punto di riferimento per la comunità budriese per molto tempo, probabilmente per gran parte del ‘300.
Poco dopo la distruzione del Sant’Apollonia, la Confraternita di Sant’Agata decide di impegnarsi nella costruzione di un nuovo Ospitale, tentando di far fronte alle crescenti necessità assistenziali della comunità, offrendo un servizio molto importante agli infermi, oltre che ai pellegrini. Trascorrono più di sessant’anni – fino al 1473 – prima di giungere al completamento definitivo della struttura, impreziosita da uno splendido portico a sei arcate, caratterizzato da eleganti ornamenti in cotto. Le prime due arcate sono erette davanti alla chiesa, le altre in corrispondenza dell’Ospitale di Sant’Agata. Nel 1532, sempre all’interno del Castello budriese, la Confraternita dell’SS. Sacramento – in accordo con quelle di Sant’Agata – si impegna nella costruzione di un proprio Ospitale (l’attuale Auditorium), riservato soltanto alle donne «perché fu conosciuto il gran male che poteva nascere dall’alloggiarsi nello stesso ospedale degli uomini e delle donne alla rinfusa». La collaborazione con l’Ospitale di Sant’Agata diventa subito realtà, portando quest’ultimo ad occuparsi soltanto degli uomini: per più di due secoli i due Ospitali saranno al centro della quotidianità di Budrio.
L’attenzione nei confronti della Cura non viene meno nelle zone periferiche: a Vedrana – probabilmente già prima del 1545 – sorge l’Ospizio di San Giorgio, che sarà chiuso per decreto del cardinal Lambertini (1734), ma resterà attivo fino all’800, continuando a prestare servizio agli ammalati, erogando soccorsi a domicilio attraverso medicinali ed elemosine.
NASCONO I PRIMI OSPEDALI MODERNI
Dopo la Visita Pastorale, avvenuta nel 1734, il cardinale Prospero Lambertini sancisce la chiusura «per inadeguatezza» degli Ospitali di Riccardina e Vedrana, le cui rendite vengono aggiunte alle risorse necessarie per ampliare e rinnovare – come ordinato dal cardinale – l’Ospitale del SS. Sacramento (l’attuale l’Auditorium di via Saffi), che diviene il Nuovo Ospitale degli Uomini, pronto ad accogliere – in locali separati rispetto a quelli riservati alle donne – anche i maschi. La conseguenza immediata coincide con la chiusura dell’Ospitale di Sant’Agata, di cui però non si conosce la data esatta del termine dell’attività. Il cardinale Lambertini approfondisce la situazione budriese, comprendendo la necessità di creare una nuova struttura: nasce così – nel 1734 – l’Ospedale Gherardi, costruito grazie all’eredità di Giulio Gherardi, morto nel 1698. Questo Ospedale, di cui la storia restituisce poche notizie, è sostanzialmente la prima istituzione budriese riservata ai malati e non più ai pellegrini. Giusto Venturoli, segretario della Congregazione di Carità nella seconda parte dell’800, fornisce queste informazioni: «l’eredità Gherardi (composta di una casa e forno in Budrio) fu convertita nel 1734 in un piccolo ospedale per decreto 16 settembre 1800 dell’Amministrazione Dipartimentale del Reno, venne “incorporato” nell’Ospedale Donini». La struttura dell’Ospedale Gherardi non è di grandi dimensioni, però rappresenta il primo esempio a Budrio di un nuovo corso medico. Il rapporto tra i budriesi e la Cura si consolida attraverso il lascito di Giuseppe Maria Donini che, con il testamento del 3 settembre 1756, decide di impiegare tutti i suoi beni per la costruzione di un Ospedale «per servizio dei poveri infermi della Terra o Castello di Budrio, sì dentro che fuori». Pochi mesi dopo la stesura del testamento, Giuseppe Donini muore. Gli eredi fiduciari ritardano la costruzione dell’Ospedale e nel frattempo, nel 1766, muore un altro benefattore: Girolamo Zogolari, che dona tutti i suoi beni per la costruzione di un Ospedale. L’Amministrazione Dipartimentale del Reno decide di fondere le tre donazioni – Gherardi, Donini e Zogolari – e di realizzare un’unica struttura ospedaliera. La prima pietra viene posta il 15 agosto 1782 e la progettazione è affidata al noto architetto budriese Giuseppe Tubertini (1759-1831). I lavori sono sospesi dopo pochi anni e avviati nuovamente nel 1791, quando l’opera è affidata all’architetto bolognese Francesco Tadolini (1723-1805), che nel 1802 porta a termine la costruzione dell’edificio. L’attivazione dell’Ospedale era già avvenuta da alcuni anni (1798) e i primi ricoverati erano già presenti dal 30 giugno 1800 nell’edificio che prende il nome di Ospedale Donini e Zogolari.
IL RICOVERO DI MENDICITÀ, L’UMBERTO E MARGHERITA E ALTRE STRUTTURE DEDICATE ALLA CURA MEDICA
Nel 1795 le soppressioni napoleoniche colpiscono gli ordini religiosi, tra questi è coinvolto anche il convento annesso alla Chiesa di San Domenico: la Confraternita e i suoi beni sono acquisiti dal Demanio. Nel 1829 l’Amministrazione Comunale di Budrio, attraverso un Atto approvato dalla Legazione di Bologna (23 ottobre), decide di formare un’Assunteria composta da 15 budriesi e guidata dal barone Giovan Battista dalla Noce. Questo neonato organismo si pone l’obiettivo di creare un Ricovero, da collocare all’interno dei locali dell’ex convento dei Domenicani, acquisito grazie ad un contratto di enfiteusi stipulato con la Partecipanza, che gestiva da oltre trent’anni l’edificio, ricevuto in uso dal Demanio. Il Ricovero del SS. Rosario inizia la propria attività il 15 marzo 1830, quando vengono accolti i primi cento «vecchi indigenti», provenienti da Budrio e da ben venticinque Comuni. Trascorrono alcuni anni e si manifesta il problema relativo agli ambienti del Ricovero, che progressivamente non risultano più in grado di assolvere al compito prestabilito.
L’Amministrazione budriese decide di costruire un proprio Ospedale, provvisto di sala operatoria. La nuova struttura viene realizzata in due fasi. La prima si conclude nel 1883, mentre la seconda e definitiva giunge a compimento nel 1895. Nasce in questo momento l’Ospedale Umberto e Margherita, che per quasi quarant’anni sarà guidato dal Primario Chirurgo Benedetto Schiassi. L’edificazione del nuovo Ospedale deve fare i conti con alcuni importanti mutamenti normativi: il 19 agosto 1859, con il Decreto Cipriani, alcuni Ospizi e Opere Pie vengono soppressi, mentre altri – con la Legge del 3 agosto 1862, seguita dal Decreto Reale del 6 marzo 1866 – sono raggruppati in una nuova istituzione denominata Congregazione di Carità, a cui sono affidati anche il Ricovero e il suo Ospedale. I beni amministrati dal nuovo Ente sono: il Ricovero di Mendicità; il Conservatorio Bianchi, detto delle zitelle di San Giovanni Evangelista; l’Orfanatrofio Mendicanti, detto dei putti di San Gaetano; l’Ospedale Donini e Zogolari; l’ex Ospizio dell’Immacolata della Riccardina e l’ex Ospizio di San Giorgio di Vedrana.
Alla fine dell’800 la Congregazione di Carità diviene proprietaria del torrione a nord-est, dei locali del Ricovero e della Chiesa di San Domenico. Nel 1890, con la “legge Crispi”, la Congregazione di Carità e le altre istituzioni simili vengono trasformate da Istituzioni private a carattere “caritativo” in Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza (IPAB), basate sul nuovo concetto del diritto all’assistenza, che troverà la sua reale concretizzazione con la nascita, molto tempo dopo, delle Mutue.
Tra il 1904 e il 1906, grazie alla ferrea volontà di Ettore Zanardi, nasce il Sanatorio per malati di petto di Vigorso, frazione vicino a Budrio. Sempre per merito di Zanardi, due volte Presidente della Congregazione di Carità, vede la luce anche un Padiglione per malati infettivi da curare “in isolamento”, costruito vicino all’Ospedale Donini e Zogolari. Questo Padiglione, unito al nuovo Ospedale Donini – realizzato negli anni Trenta non lontano dallo storico Donini (che diventerà una succursale del Ricovero) – rappresenterà il nucleo centrale su cui verrà edificato l’attuale Ospedale di Budrio. Dall’inizio del ‘900, attraverso la sensibilità e l’impegno di Sebastiano D’Ormea, nasce l’Istituto Psichiatrico San Gaetano, che resterà attivo per quasi tutto il ‘900, secolo pieno di innovazioni nell’ambito della sanità budriese e meritevole di un ulteriore capitolo.
Leonardo Arrighi
Come sempre un ottimo e preciso Leonardo.
Complimenti per questo interessante articolo.