La Scuola di Budrio nasce nel 1556, grazie all’iniziativa dei cittadini, che volevano fornire ai loro figli un’istruzione. Nei secoli la scuola ha cambiato molti nomi e programmi, gli orari e i calendari sono diversi, le aule e gli insegnanti hanno subito diverse evoluzioni, però l’istruzione continua ad essere una priorità assoluta.
Ripercorriamo ora insieme il periodo che dal ‘500 arriva fino alla fine dell’800: oltre tre secoli scanditi da passi avanti e passi indietro, guidati comunque dalla necessità di imparare. Nei prossimi giorni verrà pubblicato un secondo articolo, che traccerà i contorni della storia scolastica di Budrio nel corso del ‘900.
IL 1556 E LA SCUOLA DI LATINITÀ
La nascita precoce della Scuola Pubblica – caratterizzata da continuità e semigratuità – è strettamente legata alle buone condizioni economiche della popolazione budriese: impegnata in gran parte nella coltivazione, nella lavorazione e nel commercio della canapa. Le rendite prodotte dalla Partecipanza, di cui fanno parte molti abitanti, e i forti legami con Bologna – centro culturale di importanza internazionale – gettano ulteriori basi per l’inizio dell’attività scolastica.
Nel 1531 la cittadinanza si divide in due Comunità: Budrio Dentro e Budrio Fuori. Inizialmente la suddivisione delle risorse economiche si dimostra poco equilibrata, ma dal 1556 si giunge ad una ripartizione equa, che propizia (nello stesso anno) la decisione di chiamare e stipendiare un maestro per istruire i giovani budriesi: nasce la prima forma di Scuola Pubblica, voluta direttamente dalla cittadinanza. Tutti i componenti dei due Consigli delle Comunità approvano la scelta e, dopo poche settimane, viene assunto – come primo insegnante – Padre Filippo dell’Ordine dei Servi di Maria.
La scuola è definita Scuola di Latinità e permette agli scolari di imparare a leggere, scrivere, fare di conto e in più studiare la grammatica latina e l’umanità. La prima suddivisione tra le attuali scuole elementare e secondaria avverrà nel 1728, quando si verificherà la distinzione tra la Scuola di Umanità e la Scuola dell’Abbaco.
I programmi scolastici del ‘500 non sono ben definiti e in sostanza ricalcano quelli delle scuole vescovili delle città e delle parrocchiali nelle campagne. L’insegnamento delle materie è soltanto una parte del compito assegnato ai maestri, che devono soprattutto – come emerge dai contratti stipulati tra i docenti e le Comunità budriesi – fornire il buon esempio e trasmettere la dottrina cristiana agli allievi.
Le giornate degli scolari iniziano presto alla mattina e sono scandite da tre ore di lezione prima del pranzo e tre durante il pomeriggio. Le attività didattiche prevedono anche la messa quotidiana nella Chiesa del SS. Rosario (poi San Domenico) ed una lunga serie di impegni legati allo studio della religione.
Il calendario scolastico si snoda sostanzialmente da un San Petronio (4 ottobre) all’altro, arrivando a durare teoricamente dodici mesi. In pratica le lezioni terminano il giorno di San Giuseppe Calasanzio (27 agosto) e la scuola chiude i battenti il 14 settembre, in concomitanza con l’Esaltazione della Croce. Nel corso dell’intervallo (tra il 27 agosto e il 14 settembre) si svolgono gli esami pubblici, che portano alla promozione, alla bocciatura e all’assegnazione di premi ai più meritevoli. Le ultime due settimane di settembre rappresentano le vacanze prima del nuovo inizio delle lezioni, che sono scandite anche da numerose pause in occasione di molte festività, oltre che dal ricorrente riposo al giovedì e alla domenica, consacrata alla religione.
MAESTRI, STUDENTI E LA SCUOLA DELL’ABBACO
Fin dal 1556 le Comunità budriesi stabiliscono che quattro studenti (poi nel corso dei secoli saranno più numerosi) siano esentati dal pagamento delle tasse scolastiche. Grazie a questo provvedimento, molti bambini non abbienti avranno la possibilità di studiare, riuscendo ad acquisire una cultura vasta e fondamentale per la vita quotidiana.
I maestri dipendono completamente dalle due Comunità di Budrio, che provvedono alla scelta, alla nomina, alla conferma, al licenziamento e alla quota di retribuzione. Gli incarichi inizialmente annuali diventeranno triennali e le tariffe non sempre saranno sufficienti al sostentamento degli insegnanti, costretti a lasciare l’incarico per questioni economiche e aprendo così – soprattutto nella seconda metà del ‘700 e nel corso del ‘800 – frequenti fasi di instabilità e conseguente abbassamento della qualità.
I maestri sono tutti ecclesiastici – tra cui Servi di Maria, Domenicani e soprattutto Sacerdoti Secolari – fino all’Unità d’Italia. Durante il periodo napoleonico, la scuola budriese muterà soltanto sulla carta, ma in pratica resterà quasi identica.
Nel 1728, su iniziativa della comunità di Budrio Dentro, nasce l’idea di creare una Scuola dell’Abbaco o di Aritmetica. L’istanza è prontamente approvata anche da Budrio Fuori e non si fa attendere la nomina del maestro Michel Angelo Manaresi. In questi anni comincia a svilupparsi l’insegnamento privato, che viene temporaneamente proibito nel 1740, quando la Scuola è completamente Municipalizzata e l’autorità della magistratura comunale da disciplinare si trasforma in didattica.
Il livello dell’insegnamento cala drasticamente nella seconda metà del ‘700: le scarse retribuzioni portano ad una alternanza vorticosa dei maestri. Dal 1774 al 1776 Budrio sperimenta l’assoluta gratuità per gli scolari budriesi, ma l’iniziativa si dimostra insostenibile. Nel 1789 le Comunità si rivolgono a Don Tomaso Negri per tentare di migliorare il funzionamento delle scuole: l’aumento della rigidità agli esami, la maggiore attenzione alla religione, la separazione dei locali di insegnamento, l’utilizzo di una campana per scandire le ore di lezione e la scelta di abiti «decenti» sono le idee proposte da Negri.
LA SCUOLA NELL’800
Nel 1796 le truppe francesi giungono a Bologna e a Budrio. I transalpini tentano di incidere anche sui metodi d’istruzione consolidati da tempo: nei programmi viene data più importanza all’italiano e alla storia a scapito del latino, numerosi libri di testo sono sostituiti e il calendario è rivoluzionato. In pratica però i cambiamenti restano soltanto sulla carta e non diventeranno mai operativi. Nel 1801, in pieno periodo napoleonico, le Scuole di Umanità e di Aritmetica vengono chiamate Normali e con il Piano degli Studi le Scuole sono affidate ai Municipi: a Budrio l’istituzione scolastica è sempre stata nelle mani delle Comunità civili, che nei secoli hanno affidato ad ecclesiastici l’insegnamento.
La Restaurazione (1815-1830) accresce l’influenza da parte della Chiesa e dei Vescovi. Nascono in questi decenni molte scuole private, che aumentano la confusione organizzativa. La bolla Quod Divina Sapientia del 28 luglio 1824 tenta di dare un ordinamento più uniforme all’insegnamento scolastico dello Stato Pontificio, ponendolo alla dipendenza della Sacra Congregazione degli Studi.
Nel 1826 a Budrio ci sono quattro scuole pubbliche: Umanità, Aritmetica Inferiore, Aritmetica Superiore, Compitare. Nello stesso anno nascono le scuole anche nelle frazioni di Bagnarola e Vedrana. Nel 1829 è il momento di Vigorso, nel 1830 di Maddalena di Cazzano e Mezzolara e nel 1850 toccherà a Prunaro. Le lezioni sono ospitate nelle canoniche: luoghi dove per secoli gli alunni budriesi hanno studiato.
I locali scolastici di Budrio risultano inadatti e nocivi per la salute: nel 1833 si verifica uno spostamento, di cui però non si sa la destinazione.
I moti risorgimentali del 1831 cambiano lo scenario budriese, ma non incidono in modo pesante, mentre quelli del 1848 riscaldano particolarmente il cuore degli scolari e di alcuni maestri: da Budrio – prima che da Roma e Bologna – parte la proposta di creare un corpo di Guardie della Speranza, composto da giovani scolari istruiti all’utilizzo delle armi proprio dagli insegnanti. L’entusiasmo degli studenti è condiviso da Don Clemente De Angelis, titolare della Scuola di Umanità, da Clemente Martinelli, maestro di Bagnarola e dal deputato ecclesiastico Don Dante Filippi. Nel 1848 gli scolari budriesi, comprese le frazioni, sono circa 800: un numero davvero ragguardevole se si pensa al periodo storico.
L’instabilità dei Moti e gli anni travagliati che portano all’Unità d’Italia non agevolano la qualità dell’istruzione impartita: gli stipendi dei maestri sono sempre più irrisori, i locali appaiono fatiscenti e le condizioni economiche delle famiglie budriesi non sono certo rassicuranti. La nascita dello Stato Italiano porterà un effettivo miglioramento, che si tradurrà nella creazione di scuole femminili – accanto a quelle maschili – capaci di fornire anche alle bambine la possibilità di acquisire, a differenza dei secoli precedenti, un’istruzione uguale a quella dei maschi. Un importante passo in avanti sarà determinato dalla scelta di Palazzo Boriani Dalla Noce come sede delle aule scolastiche: finalmente gli alunni non devono più lottare con topi, muffa e un’umidità insopportabile.
[continua…]
Leonardo Arrighi
Foto di Sergio Cardin