L’occhio della telecamera

5 gennaio, 2012

E’ un misto di rabbia e di sdegno quello che mi coglie quando leggo notizie come quelle apparse nei giorni scorsi su atti di vandalismo a Budrio.
Nell’ultimo fatto si legge di un’auto bruciata appartenente a una ragazza disabile, ma sono abbastanza recenti gli episodi di bullismo che hanno visto vittima un ragazzino delle scuole medie o i roghi dei giochi per bambini al Parco Giovanni XXIII.
Mi associo anche io al coro degli indignati e non voglio spendere troppe parole contro i responsabili di questi atti criminali e inqualificabili.
A questo punto però penso sia evidente che non ci troviamo più di fronte a casi sporadici ma, seppur fortunatamente limitati, a un ripetuto comportamento delinquenziale che abbiamo il dovere di non sottovalutare e se possibile analizzare, studiare e nel tempo eliminare.


Non mi riferisco quindi ai furti o ai crimini commessi da adulti (vedi la rapina di fine anno alla Comet), ma a un comportamento, che spesso confina nella microcriminalità, messo in atto da giovani budriesi, ragazzi isolati o riuniti in piccole bande che si aggirano o bivaccano in paese.

Sia l’amministrazione comunale che le forze dell’ordine sono impegnate nel monitoraggio e nel contrasto a questi comportamenti, ma è evidente che si tratta di un’attività che non riesce ad arrivare a un completo compimento.
Non è mia intenzione essere superficiale e accontentarmi di chiedere maggiore repressione, cosa semplice e allo stesso tempo in gran parte demagogica.
Punto invece l’attenzione su un fatto che a nostro parere è più significativo e forse in parte anche all’origine di questa situazione.

Purtroppo e ormai da molti anni a Budrio mancano i luoghi dove i giovani possano ritrovarsi e svolgere quella vita sociale sana e se possibile anche un poco controllata che potrebbe diminuire i rischi legati a situazioni come quelle di cui vi ho parlato in apertura.
La presenza di luoghi di aggregazione sarebbe un elemento di grande importanza sociale ed educativa perchè rappresentano il segno tangibile della volontà di una comunità di avere cura dei propri giovani, soprattutto in quella fase di crescita critica e impetuosa tipica dei teen-ager.
Luoghi e non spazi, perchè lo spazio implica nel suo significato un’estensione più ampia e indefinita, magari poi da recintare per meglio controllare o credere di controllare.
Uno spazio si può recintare, si può monitorare con una telecamera di sorveglianza, ma rimane sempre uno spazio vuoto dove voler collocare dei giovani che non avranno nessun punto di riferimento se non le proprie incertezze, le proprie debolezze, le proprie solitudini.
Allora diventa più coraggioso dimostrare di saper picchiare uno più debole di te, incendiare il castello dei bimbi nel parco o dare fuoco alla minicar della disabile.

Forse non risolveremo ancora del tutto il fenomento ma proviamo a dare un luogo a questi giovani, un luogo senza recinzioni ma che li accolga quando vogliono, magari con persone adulte che li seguano e li spingano verso attività o interessi normali e che possano essere, perché no, anche un punto di riferimento.
Magari un centro sociale invece che uno skate park o una mediateca al posto di un bar happy hour?
Prendeteli solo a titolo d’esempio, perché deve essere il compito di una amministrazione e non il mio quello di indicare ciò che è possibile o meno fare.
Solo una cosa chiedo: di non aprire l’occhio di una telecamera di sorveglianza credendo di potere chiudere i propri.
Il risultato, a lungo andare, non sarà lo stesso.

Maurizio Mazzanti

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11 Commenti


  1. Condivido la necessità di uno spazio o meglio di varie occasioni di ritrovo e svago per i giovani a Budrio. Ma è anche vero che sono tantissimi i ragazzi di Budrio che per divertirsi si organizzano nelle varie parrocchie del comune (frazioni comprese) o che organizzazo un concerto per raccogliere fondi destinati a ricomprare la minicar bruciata.
    Cioè, non è che se mi annoio vado a dare fuoco ai giochi del parco; se vado a fare atti vandalci in giro è perchè sono una “testa vuota” e se esistesse un centro sociale andrei a sfasciare qualcosa anche lì”.
    Il prolema è che non esiste più la famiglia e quindi i ragazzi non sono più seguiti come una volta e addirittura giustificati nelle loro azioni distruttive.
    Ci vogliono i luoghi di ritrovo e le occasioni di svago (un po’ poche a Budrio), ci vuole più controllo da parte delle forze dell’ordine (ad esempio aggiungere una ronda notturna dei vigili urbani) e ci vuole un ritorno ai valori della famiglia.

  2. roberto aldrovandi

    sono completamente d’accordo con Enrico! A Budrio abbiamo la Polisportiva, altre società attive nella palestra del Liceo, il Palazzetto di Mezzolara, lo Skate Park, la scuola di ballo alla bocciofila, i gruppi parrocchiali, il Diapason…..cos’altro manca, per queste “teste vuote”? Forse una fumeria d’oppio?
    Voglio dire, i centri e le occasioni per una sana aggregazione abbondano, e nonostante ciò abbiamo questa escalation di microcriminalità…allora forse, visto che queste cose nascono, anche, in famiglia, non è che abbiamo accolto gente che si è poi rivelata nociva per la comunità, in quanto incapace di trasmettere valori ai propri figli ? Una società che vuole essere civile deve anche sapersi efficacemente difendere dalle mele marce, buonismo e permissivismo non portano da nessuna parte

  3. Anch’io sono d’accordo con Enrico e Roberto: la famiglia non esiste più e ci vuole più controllo e repressione. Bene, possiamo aggiungere che non ci sono più le mezze stagioni e che viviamo in una società senza valori, ma poi? Io mi ponevo un aspetto della questione, ciò che può fare una comunitá e una amministrazione per contrastare questo fenomeno. Io non credo che si possa agire direttamente sulla famiglia, se non con il tentare di rafforzare la coesione sociale della comunità. Sul fronte della repressione forse si può fare di più ma deve essere compito delle forze di polizia a cui bisognerebbe destinare più risorse. Invece io ponevo ll’attenzione su ciò che può fare l’amministrazione e creare dei luoghi “pubblici” è tra le cose che io ritengo possa e debba fare. E per pubblico intendo anche economicamente alla portata di tutti. Roberto cita giustamente diverse possibilità di incontro ma gli faccio notare che a parte i gruppi parrocchiali e lo skate park tutti gli altri che ha citato sono a pagamento e alcuni nemmeno economici e forse non tutti riescono a permettersi di pagare decine di euro al mese per una o due ore di corso alla settimana. Benissimo le parrocchie che prevedono però (giustamente dal loro punto di vista) una visione cattolica praticante, male lo skate park (che come saprete è stato chiuso per impossibilità di gestione da parte degli affidatari del comune) perchè era un ghetto ed è stato in parte attorno ad esso che si sono sviluppati alcuni fenomeni di disagio. Io chiedo un luogo pubblico dove i ragazzi si possano ritrovare tutti i giorni, magari anche la sera, un luogo dove poter anche studiare o leggere o consultare internet. Penso ad esempio al modello della mediateca di San Lazzaro, per chi la conosce o all’esperienza del liceo Ariosto di Ferrara che lascia aperto i propri spazi agli studenti nelle ore pomeridiane e serali, non solo per ritrovarsi a studiare ma anche per mangiare la pizza la sera, ad esempio.
    Intendo cioè azioni concrete e non proclami generali condivisibili ma non dipendenti

    • …dipendenti dalla possibilità di una comunità o amministrazione. Infine ricordo sempre a Roberto che purtroppo le “mele marce” non sono solo tra i figli degli “accolti” ma in gran parte anche tra figli di budriesi, quindi non me la sento di farne una responsabilità “acquisita”

  4. E’ vero ciò che dice Maurizio e va sottolineato: ci sono “accolti” che possono insegnarci tanto (anche la dignità) e ci sono “indigeni” da cui prendere le distanze.
    Non ne farei una questione di provenienza!
    Le mele marce non sono tutte della stesse razza anzi spesso parlano benissimo il dialetto! A buon intenditore poche parole!

  5. Certo che bisognerebbe finanziare di più le forze dell’ordine,ma perchè non mettiamo a disposizione i Militari nel controllo del territorio?che già prendono dei bei stipendi,certo rischiano la vita quelli che vanno in missione,ma ce ne sono molti anche quelli che stanno in caserma a fare i soliti riti militari o non sò che cosa.
    E poi secondo me bisogna coinvolgere di più i giovani organizzando anche dei festival,per chi piace suonare o cantare e che attiri tutti i giovani sia del nostro comune che di altri comuni.Dei locali Night club,Multisala,una discoteca controllata dalle forze dell’ordine e tanto altro.

  6. Sono d’accordo a organizzare concerti e manifestazioni,per attirare giovani che hanno voglia di suonare e stare in compagnia,ma mi sembra chiaro che “quelli” che hanno compiuto questi atti non amano la musica,le rassegne cinematografiche o il teatro.
    E’ inutile girarci intorno,lo vedono tutti cos’e’ cambiato negli ultimi 10 anni a Budrio,tant’è che fino a pochi anni fa nessun giovane avrebbe mai compiuto atti simili.

  7. D’accordo con tante cose dette in questo post e nei relativi commenti. Vorrei però sottolineare che anche 10-15 anni fa certi atti venivano comunque compiuti. Personalmente ricordo almeno 2/3 casi eclatanti di cui si sono resi protagonisti giovani budriesi dentro e fuori le mura, addirittura penalmente rilevanti. Per non parlare di atti di bullismo. Premesso che tutto è sempre migliorabile, ritengo che in questi dieci anni, le occasioni di ritrovo e di aggregazione siano cmq aumentate. Seppur a pagamento: 10 anni fa non c’erano nemmeno quelle. Faccio una proposta: e chiudere la caserma di Budrio e riconvertire tutta l’area (che è utilizzata come deposito per ferri arrugginiti) per spazi da destinare ai giovani e gestiti da giovani?
    E magari “convertire” tramite appositi corsi i militari (i cui stipendi sono già a bilancio) ad integrazione dei reparti di polizia, vigili urbani, vigili del fuoco ecc….non ci sarebbero maggiori costi per la collettività e si potrebbero sfruttare spazi al momento vetusti e di dubbia utilità.

  8. Tutte le idee che sono emerse sono buone, ‘in pectore’ ma lo sono: non me ne voglia Daniele, eccetto quella della caserma. Chi compie queste atti vili è sotto gli occhi di tutti: dei presidi, dei carabinieri, dei vicini di casa. E’un branco che non ha voglia di integrarsi nella vita del paese e che prima di andare fare danni di grosso calibro ‘si fa le ossa’ su quello che trova in casa. E non parliamo solo di immigrati, siatene consapevoli una volta per tutte! Ci vuole maggiore vigilanza, è vero, ma siamo noi i primi a dover vigilare dimenticando il menefreghismo del genere ‘tanto non sono fatti miei’. Ci vogliono svaghi per i più giovani, e pure questo è vero: ma cerchiamo di partecipare tutti più attivamente alla vita del paese, aggregandoci alle associazioni di volontariato per creare noi eventi e situazioni di svago. E’ vero, i corsi musicali costano, ma quello che si respira alla Diapason è un clima sereno e la gente che lavora deve essere pagata. Cerchiamo per una volta di non cercare SOLO responsabilità e colpevoli ma di contribuire in prima persona alla crescita morale della nostra comunità. Le famiglie non sono più quelle di una volta. purtroppo neanche il burro, l’acqua e l’aria che respiriamo. E dopo che ne abbiamo preso atto che succede? Niente, se non siamo noi ad aiutare chi ci sembra possa averne bisogno, se ce lo lasciamo fare. Ma almeno proviamoci!!

  9. La famiglia non c’è o se c’è latita parecchio. E la scuola? Troppo occupata a fare eseguire gli ordini schizzofrenici del ministro di turno. E dire che sarebbe proprio il contesto giusto per dare risposte ai ragazzi e far uscire le loro ansie, i dubbi, i demoni. Io non ho molta fiducia sul fatto che riusciremo, anche con un evento come quello del 20 gennaio, a scalfire l’anima di questi adolescenti. Ma li avete osservati, li avete mai ascoltati? Io purtroppo sì, avendo due figli alle medie ed uno alle superiori. Ci sono quelli studiosi che trovano nella scuola il loro obiettivo e li vedi determinati, curiosi, motivati. Ci sono quelli che fanno vita di parrocchia e li senti sensibili, coinvolti. Ci sono quelli delle società sportive ed ancora senti che hanno una piccola missione nel cuore, qualcosa che li fa investire nel domani. E poi ci sono quelli, e quelle, che…niente. Encefalogramma piatto. Ciondolano nel pomeriggio o alla sera in branco senza uno straccio di ideale, senza un barlume di futuro, senza un obiettivo. Questo credo sia il problema anche dei ‘nostri’ teppistelli indigeni. Fanno parte di questo girone del ‘vuoto’ dove l’ebbrezza di dare fuoco alla macchina di un pover’uomo o ai giochi dei bimbi, fa scattare quella scintilla di vita che niente e nessuno ha saputo dargli. Pena? No, scusate ma me ne fanno poca. E così i loro scellerati genitori assenti o troppo impegnati a fare carriera o a gustarsi la vita senza capire che l’impegno di un figlio dura per sempre, ed è un impegno vero, mica roba da poco. E allora prenderei a calci prima i genitori e poi i figli e se fossi un amministratore o un membro delle forze dell’ordine, smetterei di avere quello sguardo rassegnato e benevolo che alimenta quel nulla, e proporrei una punizione esemplare. Risarcire con il lavoro il danno fatto. Chissà se una volta individuati, perchè tanto lo rifaranno ed allora magari qualcuno sarà più attento, chissà se chi può farlo li condannerà a pulire il parco della piscina, o sverniciare quelle scritte che impestano il paese, o far la sepsa ad un anziano solo. Dategli qualcosa da fare. Dategli qualcosa a cui pensare. Dategli la possibilità di veder gli altri, prima che sia troppo tardi.

  10. Gianfrancesco Pasquale

    Beatrice che dire quello che hai scritto lo condivido in pieno . Prima la famiglia era strutturata su dei valori ben precisi e questi valori venivano trasmessi di padre in figlio. Oggi la famiglia spesso demanda ad altri cio che dovrebbe far lei, non ne voglio fare una colpa , perchè il mondo è cambiato i rapporti sono cambiati tra i genitori ed i figli ma in questo cambiamento non si è tenuto conto che un figlio è pur sempre un ramo verde che deve rifonzare il suo tronco per resistere ai venti dela vita. Abbiamo sperato nella scuola , ma anche qui haimè qualcosa non quadra, perchè dare la possibilità a qualcuno di tenere in ostaggio una classe solo perchè e da capire non lo reputo giusto ed istruttivo soprattutto per chi invece cerca di seguire un percorso corretto. E allora che dire, rimbocchiamoci le maniche ed iniziamo anche con questi semplici commenti a trovare la forza per trasmettere a chi ci circonda il senso positivo di questa discussione pensando che in fondo chi percorre la strada della civiltà ed è felice dando un calcio ad un pallone, è e sarà sempre in maggioranza rispetto a chi trova piacere nel bruciare una panchina o imbrattare un muro o incendiare la macchina di un nostro concittadino

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