Il telescopio di Galileo [L’OPINIONE]

21 luglio, 2013

di Maurizio Mazzanti

Nei giorni scorsi ho avuto modo di rispondere su Facebook all’intervento di Gabriele Cantelli in merito alla delibera n. 10 del 3 aprile 2013 del Consiglio comunale di Budrio, riguardante l’istituzione del registro comunale delle unioni civili.

Cantelli, nel suo intervento, ricordava la posizione ufficiale della Chiesa in merito al matrimonio tra persone dello stesso sesso e sottolineava come anche i consiglieri budriesi di estrazione cattolica (tutti a eccezione di uno) abbiano votato a favore dell’istituzione del registro, dicendo letteralmente che “é il comportamento dei giovani virgulti del mondo cattolico che con te la hanno votata a corrispondere a quella tendenza che Gramsci definì filosofia della prassi a suscitare la mia reazione anche nei confronti dell’eloquente silenzio dei loro ambienti di provenienza”.
Dato che considero l’argomento di grande importanza per il futuro del nostro Paese, non solo per il riconoscimento di un diritto civile ma soprattutto per il l’apertura mentale che acquisirebbe la nostra società, sottopongo ai lettori di Budrio Next le mie considerazioni, invitando, se lo si riterrà, ad aprire un dibattito.

Caro Gabriele, mi ero ripromesso di non intervenire sulla questione della delibera 10, anche perché sai bene come sia stato il proponente di un piccolo emendamento che ha chiarito bene il testo e ha tolto, credo, ogni dubbio interpretativo (ndr. Ho chiesto di esplicitare il riferimento alle coppie dello stesso sesso). Non volevo intervenire perché tu hai richiamato la posizione dei consiglieri cattolici e per la mia posizione laica mi ritenevo fuori dal dibattito. Ma al tuo ennesimo richiamo, visto che nessuno, che mi risulti, ha risposto mi sento in dovere di dire qualcosa. Anche perché sono convinto che l’argomento sia molto più importante del silenzio che segue alle tue considerazioni e desidero darti la mia risposta. La tua posizione, in sintonia con quella della Chiesa ufficiale (e non per niente hai ricordato l’intervento del Cardinale Caffarra), mi ha fatto pensare a una scena del famoso dramma di Brecht “Vita di Galileo”, dove lo scienziato, arrivato da Venezia a Firenze, alla corte dei Medici, cerca di convincere un filosofo aristotelico a guardare dentro al suo telescopio per mostrargli l’evidenza delle sue scoperte. Il filosofo, invece, si rifiuta di guardare nel telescopio per evitare di negare il pensiero di Aristotele e, con esso anche quello dei Padri della Chiesa, rinunciando a comprendere come fosse cambiata la società pur di non modificare il suo pensiero e abbandonare i propri dogmi. Ecco, si rinuncia ad accettare la realtà per difendere una posizione personale che non rispecchia più l’evidenza delle cose. Ecco cosa vedo io, in te, caro Gabriele, nel Cardinale Caffarra e in tutta la Chiesa ufficiale: non volere guardare dentro al telescopio che inquadra la società di oggi, non volere accettare una richiesta evidente, diffusa e sentita come quella del riconoscimento del vincolo di coppia anche tra persone dello stesso sesso, significa comportarsi come la Chiesa del XVI e XVII secolo che non ha voluto riconoscere che il mondo era cambiato e non necessariamente in peggio, ma che anzi accompagnare il cambiamento poteva avvicinare sempre di più le persone al messaggio evangelico di Gesù. Ho sentito parlare, anche in Consiglio comunale, da chi era contrario alla delibera, della necessità di proteggere la famiglia naturale garantendo solo ad essa il vincolo del matrimonio, contro la presunta innaturalità del legame affettivo omosessuale. E penso allora alla relatività del concetto di “naturale”. Era naturale fino a non molti decenni fa ritenere la donna inferiore rispetto all’uomo (si pensi solo al suffragio universale o ai diritti delle donne); è naturale e quindi consentito un matrimonio in cui l’uomo può ammazzare di botte la moglie o maltrattare i figli (al massimo ci pensa la giustizia degli uomini); è naturale scegliere di non sposarsi o di sposarsi ma decidere di non avere figli. Tutto questo è naturale, ma non è naturale che due persone dello stesso sesso, che si amano e decidono di vivere insieme, possano sottoscrivere un contratto che regoli i loro rapporti civili. Perché, ed è questo il punto centrale della discussione, a mio avviso, qui si parla di matrimonio civile e non di matrimonio religioso.

Mi è molto chiara la differenza e sono disposto in qualsiasi altro momento a disquisire sulle peculiarità del valore sacro del matrimonio religioso (della sua indissolubilità, della sua natura, delle sue implicazioni spirituali), ma guardiamo dentro al telescopio e lasciamo Aristotele e i Padri della Chiesa ai teologi del XVI secolo e vediamo cosa ci chiede il mondo di oggi, le sfide che ci obbliga ad affrontare e superare, il coraggio di lasciarci alle spalle le scorie di una società che non esiste più e che forse è bene non rimpiangere.
Quella delibera, caro Gabriele, è stata votata da molti, laici e cattolici, che hanno capito che il mondo è cambiato e che bisogna adeguare anche gli strumenti normativi a ciò che già nella pratica esiste. E anche questo, credo, sia il compito di chi amministra: trasformare un pensiero in azione. E il pensiero, in sostanza, è quello di riconoscere a tutti, il vincolo affettivo, che è un modo formale per dire il vincolo dell’Amore. L’Amore di Gesù. Che per un Laico come me è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Visto dentro il telescopio di Galileo.

Maurizio Mazzanti
Capogruppo NOI per Budrio

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2 Commenti


  1. maddalena pondrelli

    Francamente non riesco a capire come una legge (figuriamoci un registro) sulle coppie di fatto, anche omosessuali, possa svilire l’istituzione del matrimonio.
    Se il matrimonio come organizzazione della famiglia funziona, non ha bisogno di essere puntellato. Non è togliendo tutte le opzioni lasciandone solo una che si costringe la gente a sposarsi.
    In Italia i matrimoni sia civili sia religiosi sono in calo e non si può certo incolpare una legge sulle unioni di fatto che non c’è.
    Personalmente ritengo che chiunque abbia un progetto di vita in comune abbia il diritto di metterlo in pratica, nelle forme che più ritiene giuste per sé.
    L’amore, la voglia di stare insieme, di sostenersi a vicenda vanno sempre aiutati soprattutto in una società come la nostra che ha un bisogno crescente di solidarietà e condivisione se non altro per le difficoltà che sta affrontando.
    Questo paese dal punto di vista dei diritti è bloccato da sensibilità diverse (semplificando quella laica e quella cattolica) che non si incontrano mai. Le leggi approvate dal divorzio al fine vita non sono mai frutto di una mediazione, ma di un braccio di forza. A volte vince una parte e a volte un’altra secondo l’egemonia del momento.
    Il ‘900 si è chiuso, sono morte le ideologie credo si a giunto il tempo di trovarci a metà strada.

  2. Perché non considerare che registrandosi, cioè uscendo da una sorta di clandestinità, le persone prendono una posizione dichiarata, assumendo, nel contempo, delle responsabilità? Troppe volte ho visto e deprecato atteggiamenti di scherno o di vera e propria persecuzione nei confronti di gay o presunti tali… Non esserlo è forse un merito?

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