L’inedito Il bambino di Budrio, della scrittrice budriese Angela Nanetti, è in lizza per vincere il prestigioso premio Neri Pozza. Abbiamo incontrato l’autrice per scoprire il perchè del romanzo, ma anche per fare una riflessione sulla profonda trasformazione di Budrio, secondo il pensiero di chi, da trent’anni, scrive e racconta la nostra società.
Angela, qual è il suo rapporto con Budrio?
In questo paese ci sono nata e fino all’età di 24 anni ho abitato con la mia famiglia in via dei Mille, sotto la torre della guardia. Ora che vivo a Pescara, ci torno saltuariamente perchè qua rimangono i miei affetti. Nel tempo ho visto Budrio cambiare profondamente. Sicuramente nell’estensione, visto che negli anni ’70 il paese terminava nel centro storico e tutti coloro che venivano da fuori eran considerati del contado, spesso discriminati perché contadini. Ma più che altro ho visto una trasformazione della società che lo abita: mentre Pescara è città viva e piena di giovani, girando per Budrio ho notato che oggi la vecchiaia è dirompente e fa da padrone bar e caffè. Non dico che non conosco Budrio, più che altro dico che non la riconosco più.
Parliamo del suo inedito: Il bambino di Budrio.
L’idea nacque nel 2005, quando una cara amica mi fece notare una una raccolta di stampe presente in pinacoteca. Da subito rimasi affascinata dalla storia di un bambino di Budrio, un povero garzaiolo vissuto nel Seicento, dotato di straordinarie capacità intellettive. Padre Mezzetti, predicatore del convento di paese, ne scoprì il talento e lo portò a Roma per esibirne le capacità. In poco tempo il bambino, capace di dissertare in latino e greco, divenne un fenomeno per il pubblico del tempo; ma, altrettanto in fretta, i due dovettero ritornare in paese, viste le accuse dell’inquisizione di vicinanza al demonio. Una volta tornato a casa il bambino non fu più in grado di esprimere le proprie capacità e padre Mezzetti morì in un tragico incidente.
Un romanzo storico, dunque…
No, perché in realtà non ho voluto ricostruire gli eventi di quella storia. Ma ho cercato di mettere al centro l’aspetto educativo, il fallimento degli insegnamenti di padre Mezzetti, i mezzi di coercizione usati dall’uomo che hanno portato all’insuccesso. In questo modo ho voluto proiettare il romanzo nel presente, descrivendo le conseguenze di una educazione rigida che non fa la felicità dei ragazzi e le troppe negative proiezioni che i genitori e la società di oggi riversano sui figli. Senza voler dare giudizi, ho voluto trattare il tema complesso dell’educazione e dell’uso scorretto dei bambini da parte del mondo di oggi.
La società è profondamente cambiata, anche nel modo in cui fruisce del libro a dispetto di altri mezzi di comunicazione. Cosa pensa di questo cambiamento?
Non è un fenomeno solo italiano, anche all’estero il libro è stato sostituito da altri strumenti. Sono spesso a Londra e viene spontaneo paragonare il viaggiatore di oggi, preso dall’utilizzo di ipad e palmari, rispetto a quello di un tempo, che passava i minuti leggendo un libro, seduto o in piedi nel vagone. Negli ultimi 15 anni l’età dei lettori “forti”, ovvero i bambini, è cresciuta sensibilmente. Bisogna assolutamente riscoprire il ruolo delle librerie di paese. A Budrio abbiamo la preziosa esperienza de Lo Stregatto, gestita in maniera encomiabile, rappresenta un presidio ricco e aggiornato di testi. Mi dispiace che non se ne sia dato riconoscimento all’interno della struttura delle Torri dell’Acqua…
In che senso?
Quando le Torri dell’Acqua furono realizzate pensavo che all’interno potesse svilupparsi una libreria, un luogo multimediale riservato ai giovani che potesse fungere da spazio culturale di paese. Sono rimasta sconcertata nel vedere che, invece, si è privilegiata la realizzazione di una “bottiglieria”. Una amministrazione che ragiona in questo modo non si pone il problema dei giovani, così come non mi pare sviluppi iniziative collegate fra scuole, biblioteche e librerie. Girando l’Italia ho visto realtà molto diverse: luoghi di cultura e biblioteche aperte fino a tardi, frequentate dai giovani perchè concepite e arredate a questo scopo.
Ci sono molti giovani che vorrebbero intraprendere il mestiere dello scrittore, in un momento di crisi che certo non aiuta il perseguimento di questa attività. Cosa direbbe a questi ragazzi?
Viviamo in un un paese pieno di poeti e scrittori: spesso, si dice, siano più questi che i lettori. Io ho cominciato a scrivere per vocazione e per bisogno, senza l’ausilio di una scuola di scrittura, ma impegnando tante ore della mia vita, semplicemente spinta dalla passione. Se un giovane è mosso da questa ambizione, non posso che suggerirgli di intraprendere questa strada, ma senza farsi illusioni.
E’ difficile, in questo paese, campare di scrittura: anche Calvino, Gadda o Camilleri avevano un loro lavoro, che gli permetteva di vivere. Ma credo che, se nel proprio cuore si possiede una vocazione autentica, allora si debba fare di tutto per assecondarla.
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“Ma più che altro ho visto una trasformazione della società che lo abita: mentre Pescara è città viva e piena di giovani, girando per Budrio ho notato che oggi la vecchiaia è dirompente e fa da padrone bar e caffè”…..Una frase che meriterebbe qualche riflessione in più da parte nostra e della nostra amministrazione , che pare pensi molto a centri commerciali, piscine a distanza, modifica della viabilità … ma che poco pensa e fa per attirare i giovani e rendere giustizia ad un paese che, se ben impegnato, potrebbe fungere da centro aggregativo per tante esperienze formative utili. C’è chi con molto meno fa molto di più, basta guardarsi in giro….
La libreria Lo Stregatto languisce, la Biblioteca potrebbe essere più frequentata, se non dovesse subire la concorrenza di altre attività culturali sparse qua e là. Quanto alla “bottiglieria”. debbo dire di aver tentato di coinvolgere i gestori: si potevano esporre libri e riviste a disposizione dei clienti,data l’enorme ampiezza del locale, ma l’idea non è stata accolta…
Sì, Budrio è un paese dove la VECCHIAIA è dirompente, ma npn per questo è un paese per vecchi!